
Edmond Rostand (1868-1918) è un poeta e drammaturgo francese, noto soprattutto per aver scritto l’opera teatrale Cyrano de Bergerac. Tra le sue poesie figura anche quella dedicata a un gattino nero che, spesso, si fermava a giocare sul tavolo dello scrittore.
Rostand descrive alla perfezione il gattino: a volte se ne sta fermo, altre volte si blocca a fissarlo o si appallottola in un caldo manicotto. Si può non giocare con uno splendore del genere? Anche il poeta si mette a baloccarsi con il micetto e attacca un turacciolo a una cordicella: si sa, i gatti impazziscono per questo genere di giocattoli. E così ci si ferma un po’ dal lavoro e ci si distrae con serenità. Ma poi si deve tornare alle proprie occupazione e lui, il gattino nero, continua a farci compagnia mentre si pulisce alla perfezione.
Il gattino, poesia di Edmond Rostand
È un gattino nero, sfrontato, oltre ogni dire,
lo lascio spesso giocare sul mio tavolo.
A volte vi si siede senza far rumore,
quasi un vivente fermacarte.
Gli occhi gialli e blu sono due agate.
A volte li socchiude, tirando su col naso,
si rovescia, si prende il muso tra le zampe,
pare una tigre distesa su di un fianco.Ma eccolo ora – smessa l’indolenza –
inarcarsi – somiglia proprio ad un manicotto;
e allora, per incuriosirlo, gli faccio oscillare davanti,
appeso a una cordicella, un mio turacciolo.
Fugge al galoppo, tutto spaventato,
poi ritorna, fissa il turacciolo, tiene un po’
sospesa in aria – ripiegata – la zampetta,
poi abbatte il turacciolo, l’afferra; lo morde.Allora, senza ch’egli la veda, tiro la cordicella,
e il turacciolo si allontana, e il gatto lo segue,
descrivendo dei cerchi con la zampa,
poi salta di lato, ritorna, fugge di nuovo.
Ma appena gli dico: “Devo lavorare,
vieni, siediti qua, da bravo!” si siede.
E mentre scribacchio sento
che si lecca col suo lieve struscio molle.