Storie di uomini e di animali nella Grande Guerra
Lucio Fabi pubblica con Mursia un libro dedicato agli animali che hanno preso parte alla guerra del 1915-1918.
La guerra ci disturba, com’è ovvio che sia. Per noi amanti degli animali, poi, sapere che alle operazioni di guerra partecipano anche degli animali ci intristisce ancora di più. Nel corso del tempo le modalità di partecipare degli animali alle guerre è cambiato, ma è un dato di fatto la presenza di varie specie nelle guerre.
Un ritratto appassionante – e non nascondo a volte anche crudo, con alcune immagini che forse potrebbero urtare le persone più sensibili – è quello tracciato da Lucio Fabi nel libro Il bravo soldato mulo. Storie di uomini e di animali nella Grande Guerra, pubblicato da Mursia. L’autore – che da tempo si dedica alle ricerche sulla prima Guerra Mondiale dal punto di vista dell’esperienza collettiva – in questo saggio parla di un aspetto particolare: la presenza di muli, buoi, cani, cavalli, maiali, piccioni durante il conflitto del 1915-1918. La ricostruzione è fatta attraverso lettere, diari e fotografie scattate dagli stessi combattenti.
Nel corso del conflitto vennero mobilitati non meno di 35.000 esemplari [di cani, ndr], in gran parte dobermann e pastori tedeschi, impiegati per i compiti più diversi, ma, soprattutto come portaordini, ricerca dei feriti e bonifica delle trincee dai ratti.
Il primo tratto che salta all’occhio da questa preziosa ricerca di Fabi è la vicinanza tra soldati e animali che, costretti in situazioni di disagio, condividevano la quotidianità della vita. Alcuni animali servivano da nutrizione per i soldati al fronte, altri per i servizi più vari (consegna di messaggi, ricognizione alla ricerca di feriti e via dicendo) ma tutti avevano anche un ruolo di pet therapy. In momenti difficili, in cui la morte sovrastava con il suo alito tutti i viventi presenti, la presenza di un cane amico era di ristoro per i soldati; e, ne sono certo, i cani traevano giovamento dalla carezza, forse nervosa, che ricevevano. Alcuni animali – il mulo, per esempio, che dà il titolo al libro – erano anche un modo per ricordarsi delle famiglie: molti soldati avevano dovuto lasciare una quotidianità fatta anche di vita contadina e di pastorizia in cui mucche, muli, maiali, cavalli costituivano la normale famiglia allargata per quei tempi.
Un esempio di questa pet therapy la riporta l’autore stesso nel suo libro, citando il romanzo Guerre di Timothy Findley.
In una trincea delle Fiandre, grazie a un ufficiale visionario la cui occupazione nella vita civile era illustrare favole per bambini, viene allestito un inedito ospedale da campo:
“E quello cosa diavolo è?”, chiese Levitt, accovacciandosi in un angolo per guardare una piccola gabbia di filo di ferro.
“Quello è il rospo di Rodwell”, disse Bonnycastle. “Non dovete toccarlo”.
“Certo che no”, disse Levitt.
“Cosa c’è lì dentro?”, disse. “Non riesco a vedere”.
“Uccelli. Conigli. Porcospini. Rospi, eccetera…”.
“Perché li tiene così al buio?”
“Si riposano. Sono stati tutti feriti. È una sorta di ospedale, capite”. Non un solo animale emise un suono.
Storie lontane da noi quelle raccontate da Fabi. Anche se non lontanissime come si potrebbe pensare.
Fu proprio in terra di Francia, nelle Ardenne, che verso la fine della guerra il caporale americano Lee Duncan trovò e raccolse un cucciolo di pastore tedesco. Lo portò in America, dove il cucciolo mostrò innate capacità di apprendimento, al punto da potersi esibire dapprima nei circi e dal 1922, per un caso fortuito che capita ai predestinati, anche al cinema, fino a diventare una vera e propria star con il nome di un pupazzo francese, Rin Tin Tin, conosciuto in Italia soprattutto grazie all’omonimo telefilm che aveva per protagonista un pronipote del primo Rin Tin Tin, secondo le cronache di Hollywood morto nel 1932 sul set di un ennesimo film tra le braccia della divina Jen Harlow, a cui seguì un principesco funerale.
Conclude l’autore, con una sorta di amarezza, peraltro del tutto condivisibile:
Sono trascorsi cent’anni, ma sembra che le cose non siano cambiate di molto. Scriviamo toccanti racconti su galli cedroni e caprioli, poi li cacciamo e li mangiamo. Si continuano la vivisezione e la sperimentazione sugli animali, anche quando queste pratiche non sono strettamente necessarie al progresso della scienza. Non si va più in guerra con cavalli, muli e colombi, ma con delfini, otarie, topi, api e vari altri animali. E i soliti cani, utilissimi compagni di polizia, protezione civile e squadre antivalanga, nonché dei reparti di sminatori e delle pattuglie avanzate dei moderni eserciti impiegati nei diversi punti “caldi” del pianeta.
Anche noi, nel nostro piccolo, ci mettiamo del nostro […] Trattiamo cani e gatti come oggetti di proprietà, e difatti li “scarichiamo” quando danno fastidio, assieme ad animali strani ed esotici raccattati in giro per il mondo o acquistati per moda da non sempre affidabili venditori di animali “da compagnia”. Gli esempi al proposito sono moltissimi, e l’Italia ha il triste primato, in Europa, del randagismo e della scarsità degli interventi per combatterlo.
Alla fine, la verità è sempre la stessa: se si vuole cambiare il mondo bisogna iniziare da noi stessi. Se si vogliono evitare le guerra, bisogna vivere in pace con chi ci sta accanto, sia esso umano o animale.
Lucio Fabi
Il bravo soldato mulo. Storie di uomini e di animali nella Grande Guerra
Mursia, 2012
pp. 145, euro 15