Schopenhauer e Atma: filosofia e amore per il proprio cane
Quello tra Arthur Schopenhauer e il barboncino Atma era un legame del tutto particolare.
Anche Arthur Schopenhauer (1788-1860) – uno dei maggiori pensatori del XIX secolo e del pensiero occidentale moderno – aveva ben inteso l’importanza di un cane e dell’amore che sa dare. È suo, infatti, l’aforisma che recita:
Chi non ha mai posseduto un cane non sa cosa significa essere amato
Aforisma che, in base alla sensibilità moderna, potremmo rielaborare con: “Chi non è mai vissuto con un cane non sa cosa significa essere amato”.
Schopenhauer viveva con un cane barboncino di nome Atma, che significa anima del mondo in sanscrito (il nome del cane in precedenza era Brahma, che indica la divinità suprema indù), e lo amava tantissimo, così come il suo cane amava lui. Per Atma, Schopenhauer applicò al contrario la sua filosofia del velo di Maya, ritenendo invece che Atma per lui fosse oltre ogni velo, e fosse vero e trasparente alla realtà. D’altronde i cani non possono e non sanno mentire, e la loro sincerità non è altro che pura verità.
Ne I colloqui con Schopenhauer di Julius Frauenstadt, l’autore parla di questo rapporto tra il filosofo e il cane:
“Il cane”, disse Schopenhauer, “è propriamente e originariamente un animale rapace. L’uomo se l’è poi coltivato e ne ha fatto quello che è, un docile animale domestico. Se non ci fossero i cani – aggiunse – io non vorrei vivere”. Una volta disse: “Ciò che mi rende così piacevole la compagnia del mio cane – e qui lo accarezzò e lo guardò amichevolmente negli occhi – è la trasparenza della sua natura. Il mio cane è trasparente come un vetro”.
Emozionante, no?