Avvelenamento da oleandro nel cane e nel gatto: cause, sintomi e terapie
Che ne dite se oggi andiamo a parlare di avvelenamento da oleandro (e altre piante cardiotossiche) in cani e gatti? Andiamo a vedere cause, sintomi, diagnosi e terapia.
L’oleandro (Nerium oleander) è una pianta sempreverde della famiglia delle Apocynaceae che presenta fiori di vari colori (le varietà rosse sembrano essere più tossiche perché hanno un contenuto maggiore di glucosidi cardioattivi): si tratta di una pianta altamente tossica sia nel cane che nel gatto e l’avvelenamento non è certo raro, specie per cani e gatti che vivono all’esterno. Un consiglio: se nel vostro giardino avete un oleandro, ecco meditate se regalarlo a qualcuno o sostituirlo con una pianta non tossica. Lo so che il vostro cane o gatto non hanno mai mangiato l’oleandro, ma mai dire mai, giusto? Basta una sola volta e se non ve ne accorgete in tempo il vostro pet potrebbe morire.
Meccanismo d’azione dell’oleandro e sintomi
Fondamentalmente tutta la pianta dell’oleandro è tossica per l’uomo e per gli animali in generale (qui parlo di cane e gatto, ma è tossica anche per coniglio, tartaruga, cavia, criceto…). La tossicità dell’oleandro è legata al contenuto in glucosidi cardioattivi che contiene, delle molecole simili alla digitossina che provocano gravi effetti sul cuore. Diciamo che a basse dosi i glucosidi vengono usati nella terapia cardiaca in quanto sono capaci di aumentare la contrattilità del cuore, diminuiscono la frequenza cardiaca e ne aumentano la gittata.
Il problema è che è molto facile andare incontro ad overdose già con i farmaci opportunamente dosati, figuriamoci quando il cane o il gatto ingeriscono parti della pianta. Le dosi tossiche causano aritmia grave, problemi alla conduzione del cuore e alla gittata fino alla morte. Il cane è sensibile quanto l’uomo agli effetti dei glucosidi cardioattivi: la dose tossica cumulativa nel cane è di 150-225 mg/kg, equivalente a tre dosi da 50-75 mg/kg ogni 24 ore con tempo di sopravvivenza da 76 a 90 ore al massimo. Nel gatto si ha più variabilità, abbiamo una dose tossica cumulativa di 220-450 mg/kg, equivalente a tre dosi da 37,5-75 mg/kg ogni 24 ore.
Per quanto riguarda i sintomi, possono manifestarsi da 1 a 24 ore dopo l’ingestione e abbiamo:
- dolorabilità addominale
- nausea
- vomito
- scialorrea
- irritazione delle mucose
- diarrea spesso con sangue
- polso inizialmente lento e forte, poi rapido e debole
- dispnea
- shock
- coma
- morte
Diagnosi e terapia
La diagnosi dipende molto dall’anamnesi, dal fatto di riuscire a identificare la pianta nel contenuto intestinale e dai sintomi. Non esiste antidoto per questo avvelenamento, si attua una terapia sintomatica volta a eliminare il contenuto tossico dal tratto gastrointestinale (inducendo il vomito entro mezz’ora dall’ingestione o effettuando la lavanda gastrica), si somministra carbone attivo (non è la stessa cosa del carbone vegetale), si idrata il paziente.
Ci sono poi altre 11 famiglie di piante che contengono glucosidi cardioattivi: Apocynaceae, Asclepiadaceae, Celastraceae, Brassicaceae, Lilaceae, Moraceae, Fabaceae, Ranunculaceae, Scrophulariaceae, Sterculiaceae, Tiliaceae. Di queste famiglie fanno parte la Digitale purpurea, l’avocado (Persea americana), il mughetto (Convallaria majalis), il tasso (Taxus baccata), rododendro e azalea.
La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria. Ricordiamo che Petsblog non fornisce in nessun caso e per nessun motivo nomi e/o dosaggi di farmaci.
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