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Linguaggio umano e rispetto dei diritti degli animali

Perché noi esseri umani siamo soliti attribuire agli animali non umani i nostri peggiori vizi?

Linguaggio umano e rispetto dei diritti degli animali

L’edizione cartacea de Il Giornale di ieri, 5 agosto 2014, portava in prima pagina la foto di una tartaruga con il seguente titolo: Ciccione e orbo: ecco l’animale più vecchio del mondo. Nella versione online il titolo è diventato: La tartaruga record che racconta due secoli di storia. Si saranno forse resi conto di quanto erano offensivi quel ciccione e quell’orbo? (Per inciso, la notizia riguardava Jonathan che con i suoi 182 anni è considerata la tartaruga più vecchia del mondo).

Il rispetto per i diritti degli animali non umani passa anche attraverso un’attenzione al linguaggio. Spesso, troppo spesso, gli animali non umani vengono usati per descrivere qualità negative degli esseri umani: la femmina del maiale o del topo, per esempio, sono sinonimi di prostitute o, comunque, di donne di malaffare; una persona che fa qualcosa di molto brutto è, per noi, una bestia e sempre bestia – o animale – sono per i giornali e per il senso comune alcuni efferati criminali. Come se anche noi esseri umani non fossimo animali!

Gli esempi possono continuare, come nota il filosofo Leonardo Caffo:

Cosa è successo agli animali mentre ci pensavamo come altro da loro? Quello che abbiamo fatto agli animali, non solo è gravissimo, ma è eterno. Creiamo la vita per distruggerla. Inoltre, il gesto che dipinge la più grave e ignorata delle sofferenze, è il “fondamento della miseria” e ciò che ricerchiamo quando, con altrettanta miseria, discriminiamo anche gli animali umani. Ebrei uccisi come ratti, e Tutsi uccisi come scarafaggi, sono solo la sentinella di un avvertimento: eventi storici isolati per l’umano hanno come paragone quel soggetto che, dopo il “come”, continua a morire in eterno e senza attenzione alcuna.

Qui, come ben si comprende, andiamo molto al di là del fatto di usare il termine “padrone” per indicare il rapporto tra noi e i nostri cani, gatti, criceti, conigli e via dicendo. Qui si parla di una forma di rispetto dell’alterità che per la maggior parte degli esseri umani è lontanissima anni luce dal loro modo di pensare.

Proviamo a riflettere sulle nostre parole quando parliamo degli animali non umani: il rispetto dei diritti di Fido e Micio, ma non solo!, passano anche attraverso le nostre parole.

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