Gattari da legare: Gattare incinte e toxoplasmosi
Sulla base di recenti avvenimenti a me occorsi posso affermare, con un po' di stupore, che gravidanza e parto delle gattare sono più simili a quelli degli umani che a quelli dei gatti.
La gestazione dura nove mesi e non due, e non siamo costrette a tagliare il cordone coi denti né a mangiare la placenta per rimetterci in forze.
Ciò vuol dire, purtroppo, che dovrò cambiare pannolini per un bel po’, perché usare la lettiera è fuori luogo, se non voglio che mia madre chiami l’assistente sociale. Credo che sia anche inutile mettere l’antipulci tra le scapolette di mia figlia: non ha molti peli.
La bella notizia è che, adesso, posso ringhiare con cognizione di causa a chi mi chiede della toxoplasmosi: non avevo gli anticorpi e, sinceramente, mi preoccupava molto di più la preparazione di carni e verdure che una carezza ai gatti. La mia situazione, inoltre, era tra quelle a rischio: i gatti di colonia, che vivono all’aperto e cacciano piccole prede, sono quelli più soggetti a contrarre la malattia e, quindi, a trasmetterla. Quando invece mi ritrovavo “tra le mani” un gatto di casa, come quelli di mia madre, lasciavo che facesse liberamente le fusa sulla mia pancia, e sentivo la bambina muoversi verso la fonte di quella simpatica vibrazione.
Ho ridotto per eccesso di scrupoli le effusioni ai gatti con accesso al giardino (non parlo di carezze, ma di baci) perché avrebbero potuto avere il pelo sporco di feci, e ho sempre indossato guanti quando pulivo le cucce e cambiavo i panni all’interno. Per sicurezza, litri di candeggina venivano sparsi sui mobili da giardino e su tutto ciò che poteva venire a contatto coi gatti, ma la regola principale era quella che vale per chiunque, uomo, donna e bambino: lavarsi bene le mani.
È ovvio che affrontare una gravidanza sia una responsabilità, e che la salute del bambino sia la prima cosa. Ma, con un po’ di buonsenso, si può evitare di venir meno all’impegno che abbiamo preso quando abbiamo adottato un animale. Uno, due, tre, otto, dieci animali. La toxoplasmosi in gravidanza è una cosa orribile, ma basta informarsi e ci si rende conto che contrarla per via alimentare è molto più semplice che prenderla dal gatto, soprattutto se è un gatto domestico che si nutre solo di cibi confezionati o comunque cotti.
La quantità di paure che nascono quando si è incinte è gigantesca, e comprendo i timori di chi pensa che il destino aspetti solo l’occasione per giocarci brutti scherzi. Ma un animale non va abbandonato, mai. Chi non riesce a far fronte alle responsabilità verso il proprio animale, dovrebbe rivedere il proposito di fare un figlio: il figlio con la varicella non lo puoi scaricare in un canile. E nessuno mi venga a dire che figli e animali sono diversi: grazie, lo so. È il senso di responsabilità che dovrebbe essere uguale.
Foto | Flickr