Gattari da legare: Volevo gli anticorpi
Le probabilità di contrarre la toxoplasmosi per una gattara seriale risultata negativa al test
Ieri Mentegatto mi ha fatto venire voglia di raccontarvi una cosa: ogni tanto, presa da un irrefrenabile quanto raro attacco di ipocondria, mi faccio prelevare un bel quartino di sangue e mi faccio analizzare da capo a piedi. L’ultimo attacco l’ho avuto dieci giorni fa e, mentre pensavo a quali malattie tropicali potessi essermi esposta sul divano della mia italianissima casa, un pensiero mi ha fulminata: la toxoplasmosi! Non avevo mai fatto il test. Il giorno dopo, sorriso stampato e certa del risultato positivo, tendo il braccio al medico, fiduciosa. Attendo le 24 ore, vado a prendere i risultati, apro la busta e… negativo! Ma come?
Ho passato 25 anni della mia vita (sono anni, che ho 25 anni) a strettissimo contatto con i gatti; pulisco lettiere da un’eternità, ho avuto gatti incontinenti, giocato da bambina con la terra di giardini che ospitavano gatti, preso randagi dalla strada, subito assalti felini prima, durante e dopo la preparazione del mio cibo, mangiato salami, affettato prosciutti, divorato verdure crude nelle bettole peggiori del Cairo e non ho i miei anticorpi? Ma cosa deve fare di più, una donna? Li voglio, mi spettano, li ho guadagnati sul campo.
Forse è colpa di mia madre e dei suoi “lavati le mani!” o, semplicemente, del mio corpo, capace di prendere una bronchite se non sono vestita come un’eschimese raffreddata, ma del tutto refrattario ai virus. Magari la spiegazione è più semplice: sono stata fortunata, e la toxo non è così facile da contrarre. Ma cercate di capirmi: a una gattara della mia età, che non sarà di 25 anni ma è non moltissimo di più, degli anticorpi alla toxoplasmosi fanno sempre comodo. Penso ai cacciatori (e ai serial killer. Strana associazione di idee), che hanno i loro trofei. Anch’io volevo il mio: “quelle sono le corna di un alce che ho ucciso l’anno scorso”. “Ah sì? Vuoi vedere le mie analisi?”.
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