Il cucciolo di foca spiaggiato a Torre San Gennaronon ce l’ha fatta
Nei giorni scorsi un cucciolo di foca era stato trovato sulla spiaggia di Torre San Gennaro, a Brindisi. Nonostante i tentativi di aiutarlo, il povero animale purtroppo non è sopravvissuto.
Nei giorni scorsi, in una spiaggia di Torre San Gennaro, frazione del comune di Torchiarolo (Brindisi), è stato trovato un cucciolo di foca. L’animale è stato avvistato da alcune persone che si trovavano sul posto, che hanno immediatamente allertato i membri dell’Ispra/Arpa Puglia, che insieme al personale specializzato della stazione zoologica di Napoli hanno cercato di fare tutto il possibile per aiutarlo.
Il cucciolo di quattro mesi era emaciato, non reagiva agli stimoli, aveva difficoltà respiratorie ed era anemico. Dopo aver effettuato gli esami necessari, gli esperti hanno cercato di offrire tutte le cure possibili al piccolo di foca. Gli hanno somministrato un antibiotico di copertura ed hanno provato a idratarlo, ma nonostante tutti gli sforzi, l’animale ha continuato a respirare in modo affannato, e nelle scorse ore purtroppo è deceduto. Il cucciolo di foca monaca apparteneva a una specie protetta.
Cucciolo di Foca a Torre San Gennaro: il commento dell’Ispra
A raccontare come sono andati i fatti sono stati gli stessi membri dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che spiegano:
Nella mattinata di ieri, a seguito di una segnalazione sono intervenuti, in soccorso al cucciolo, un gruppo di esperti di Ispra e Arpa Puglia, insieme a un team di veterinari della stazione zoologica di Napoli. […] Sono stati effettuati esami ematochimici e tamponi microbiologici, sempre alla presenza dei veterinari Asl e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale competenti. Sono stati somministrati antibiotico di copertura e idratazione.
Purtroppo però tutto ciò non è stato sufficiente per salvare il piccolo. Gli esperti spiegano che adesso verranno eseguite le indagini sul corpo dell’animale.
L’esemplare sarà analizzato in maniera conservativa, evitando cioè di danneggiare scheletro e pelliccia, per consentirne poi l’esposizione, per fini didattico-scientifici, al museo di competenza sul territorio.
via | Il Fatto Quotidiano
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