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Passaporti europei per animali: i problemi con la Brexit

La Brexit non causerà problemi solo alle persone: ecco cosa dobbiamo attenderci per quanto riguarda i passaporti europei per animali.

Passaporti europei per animali: i problemi con la Brexit

Guai all’orizzonte anche per i passaporti europei per animali: se la Gran Bretagna dovesse lasciare l’UE senza aver raggiunto un accordo, i passaporti europei per animali potrebbero non servire più a nulla. Nel 2000 fu proprio il governo inglese a creare il Passaporto per Animali o Pet Passport. L’idea piacque così tanto all’Unione Europea che fra il 2012 e il 2014 rese obbligatorio per tutti gli stati membri dotare i propri cani, gatti e furetti di passaporto europeo per animali per poter viaggiare fra i diversi stati. Nel passaporto viene indicato il numero di microchip dell’animale, il tipo di vaccinazione antirabbica con annessa data di esecuzione, i dati del proprietario e altri dati ancora: grazie ad esso l’animale può viaggiare per tutta l’Europa con il suo proprietario (salvo in quei paesi che richiedono anche titolazione anticorpale per la Rabbia, ma questo è un altro discorso).

Passaporti europei per animali: cosa succederà a quelli inglesi dopo la Brexit?

Il problema è che se entro marzo 2019 la Gran Bretagna non avrà raggiunto un accordo con l’Unione Europea, i passaporti di cani, gatti e furetti inglesi potrebbero non valere più nulla. Fino ad ora, quando un animale inglese deve viaggiare dal Regno Unito verso un paese dell’Unione Europea, ecco che almeno 21 giorni prima della partenza deve andare da un Veterinario Ufficiale: questi controllerà il microchip, provvederà alla vaccinazione antirabbica e rilascerà il passaporto europeo per animali domestici.

Quando l’animale rientra nel Regno Unito, viene controllato il microchip per essere sicuri che si tratti sempre dello stesso animale e viene controllato il passaporto. Inoltre i cani che rientrano nel Regno Unito da paesi non esenti dall’Echinococcous multilocularis, devono avere fatto un trattamento contro tale tenia massimo cinque giorni prima del rientro. Tale trattamento deve essere eseguito da un veterinario e segnalato sul passaporto.

Il problema è che non ci sarà alcun accordo fra Londra e Bruxelles, da marzo 2019 il Regno Unito diventerebbe un Paese terzo. Il che vuol dire che gli animali potranno continuare a viaggiare, ma cambieranno le leggi, i documenti e i controlli sanitari richiesti. E tale cambiamento dipenderà da che tipo di Paese terzo sarà la Gran Bretagna: elenco 1, elenco 2 o non elencato.

Pochi sono i paesi dell’Elenco 1: per loro sono valide le stesse regole di viaggio dei paesi membri dell’UE.

La quasi totalità dei Paesi fanno parte dell’Elenco 2, il che vuol dire che servono altre condizioni, come un certificato sanitario o la titolazione anticorpale per la Rabbia.

Ma è probabile che il Regno Unito finisca nei paesi non elencati. E qui le cose si complicano. Un animale inglese che volesse viaggiare fuori dalla Gran Bretagna dovrebbe recarsi dal Veterinario Ufficiale minimo 4 mesi prima della partenza. Arrivati nell’UE, gli animali vanno segnalati al TPE, un punto di ingresso dei viaggiatori designato. Qui il proprietario dovrà mostrare tutti i documenti ufficiali relativi a microchp, vaccinazione antirabbica, titolazione anticorpale per la rabbia e certificato sanitario.

Via | Agi

Foto | iStock

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