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Tricocefali nel gatto: cause, sintomi e terapia

Che ne dite se oggi andiamo a parlare di nuovo di parassiti intestinali? Vediamo cause, sintomi, diagnosi e terapia dei tricocefali nel gatto.

Tricocefali nel gatto: cause, sintomi e terapia

Tricocefali nel gatto – Qualche tempo fa avevamo parlato di tricocefali nel cane. Oggi andiamo invece a vedere i tricocefali nel gatto. Diciamo subito che non sono una parassitosi di così frequente riscontro nei gatti, me l’aspetto di più nei cani, mentre nei gatti è più facile vedere ascaridi e coccidi. Tuttavia anche i gatti hanno i loro tricocefali. I tricocefali o Trichiuris sono nematodi appartenenti alla famiglia Trichuridae. Se nei cani parliamo di Trichuris vulpis (e Trichuris campanula), nei gatti abbiamo il Trichuris serrata (e anche il campanula). Se siete interessati a quello umano, è il Trichuris trichiuria.

Tricocefali nel gatto: cause e modalità di trasmissione

Chiariamo subito il concetto che non tutte le specie di Trichiuris sono anche contagiose per gli uomini, i quali fra l’altro si contaminano venendo a contatto con sabbiere o terriccio contaminato. I vermi adulti di Trichuris vivono nell’intestino crasso, quindi cieco e colon. Sono lunghi 3-8 centimetri e hanno una colorazione tendente al giallastro. La forma ricorda un po’ quella di una frusta con manico. Le uova, invece, hanno il classico aspetto a limone e sono di colore giallastro.

Il ciclo di vita dei Trichuris è diretto, quindi niente ospite intermedio. Le femmine nell’intestino crasso producono uova che vengono emesse all’esterno con le feci dell’ospite. Nell’ambiente in 10-25 giorni le larve si sviluppano all’interno delle uova. Le uova di tricocefali sono molto resistenti nell’ambiente esterno, resistono al freddo, al gelo, al clima secco e possono rimanere infettive anche per anni. Ecco spiegato perché le reinfestazioni sono all’ordine del giorno. Il nuovo ospite ingerisce le uova con il cibo o l’acqua contaminata o leccanno il terriccio. All’interno dell’organismo, le larve si schiudono nell’intestino tenue e arrivano fino al cieco dove diventano adulte, ricominciando il ciclo.

Il periodo di prepatenza varia dai 50 ai 90 giorni.

Tricocefali nel gatto: sintomi e diagnosi

Il guaio dei tricocefali è che danneggiano la parete del cieco e del colon e si nutrono di sangue. Infestazioni massicce possono provocare come sintomi:

  • enterite
  • diarrea anche con sangue
  • ulcere
  • emorragie
  • anemia
  • disidratazione
  • inappetenza
  • dimagrimento
  • crisi convulsive
  • morte (soprattutto negli animali giovani)

La diagnosi di tricocefali viene effettuata tramite il rilievo delle uova nelle feci, se ce ne sono tanti anche a fresco, altrimenti con esame per flottazione o arricchimento.

Tricocefali nel gatto: terapia

La terapia dei tricocefali nei gatti, così come nei cani, prevede prima la diagnosi tramite il rilievo delle uova nelle feci e poi la somministrazione degli appositi vermifughi. Occhio che non tutti i vermifughi in commercio funzionano contro i tricocefali, quindi se fate di testa vostra e prendete un vermifugo qualsiasi, rischiate di aver somministrato al gatto un prodotto inutile e aver speso dei soldi per niente.

Poi bisogna disinfestare l’ambiente: vi ricordate che vi ho detto che rimangono a lungo nel terriccio? In casa cambiate giornalmente la lettiera, cambiate lenzuola, copridivani e affini e valutate se trattate tutti gli animali conviventi. Il vero problema è per chi ha il giardino: le uova nel terriccio rimangono infestanti per anni quindi a meno di non rifare tutto il giardino da capo, occhio che le recidive e reinfestazioni saranno all’ordine del giorno. Questo perché lo sverminante uccide i vermi presenti in quel momento, ma non previene ulteriori infestazioni.

La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria. Ricordiamo che Petsblog non fornisce in nessun caso e per nessun motivo nomi e/o dosaggi di farmaci.

Foto | adavey

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