Per divertirsi ed essere felici bisogna essere almeno in due perché quando a ridere è uno soltanto si chiama violenza. Quella che viene perpetrata ai danni degli animali esotici nei circhi, esposti come oggetti, lontani migliaia di chilometri dal loro habitat, addobbati come abeti di Natale con lustrini e cappelli e costretti per ore ed ore a viaggiare in spazi angusti in vista della prossima città in cui si accamperanno le carovane del circo.
Gli animali nei circhi non si divertono, è bene dirlo ai bambini educandoli al rispetto per la vita: soffrono, muoiono in molti casi come la giraffa scappata e uccisa ad Imola.
Siamo pienamente d’accordo con le parole della psicologa Annamaria Manzoni che insieme ad oltre 600 psicologi ha redatto un documento sul modello (in)educativo del circo, definito:
antipedagogico poiché educa il bambino a non riconoscere lo stato d’animo dell’animale che ha davanti, a disconoscere i suoi segnali di sofferenza, a reagire con la gioia e il divertimento al suo disagio: i circhi gli propongono un buon tirocinio per abituarsi a fare altrettanto con i suoi simili.
Ormai i Paesi che vietano – del tutto o parzialmente – l’esibizione di circhi con animali sono sempre più mentre l’Italia detiene, ancora, il record negativo di uno dei Paesi con il maggior numero di imprese circensi. E lo Stato italiano finanzia i circhi con animali, incluse quelle imprese che hanno già subito condanne e/o denunce per maltrattamento di animali e/o altre violazioni di legge. Una legge che deve essere cambiata.
Sulla stessa linea l’etologo zooantropologo Roberto Marchesini, l’esperto ci ricorda che se:
Per un acrobata o un clown il circo è l’apogeo artistico, il sublime che si fa arte, per un animale è la caduta negli inferi, l’annichilimento della propria dignità esistenziale, il banale che testimonia il male.
Potete firmare la petizione sul portale Firmiamo nella sezione dedicata alla campagna Il diritto di vivere liberi.
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