L’enigmaticità del gatto tra scienziati, filosofi e teologi
Una simpatica poesia di Ennio Flaiano spiega come il gatto rifugga da qualunque catalogazione
Il gatto, lo sappiamo bene, è molto più enigmatico del cane e questo suo atteggiamento (di superiorità, secondo alcuni osservatori) lo ha reso molto amato da diversi scrittori e da varie scrittrici e oggetto di molti testi, tanto poetici quanto narrativi: romanzi, racconti e poesie sui gatti ce ne sono tantissimi, molto più che sui cani.
Ennio Flaiano (1910-1972), sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo, in una sua poesia del 1959 fa ricorso al micio per spiegare la differenza del metodo di ricerca tra la scienza, la filosofia e la teologia e dipinge un quadro splendido in appena tre strofe. Alla fine tutto dipenderà dal gatto se vorrà farsi trovare: né scienza, né filosofia né tantomeno la teologia potranno convincerlo a fare quello che non vuole…
Lo Scienziato cerca un gatto,
un gatto nascosto
in una stanza buia.
Non lo trova ma…
ma ne deduce che è nero.Il Filosofo cerca un gatto,
un gatto che non c’è
in una stanza buia.
Non lo trova ma…
ma continua a cercare.Il Teologo, oh il Teologo
cerca lo stesso gatto.
Non lo trova ma…
ma dice di averlo trovato.
Bella questa poesia, non trovate? Non è un caso che Enrico Vaime abbia detto così definito Ennio Flaiano: “L’uomo più intelligente che abbia mai incontrato. Il più spiritoso. Reagiva alla cupezza del suo carattere con lucidità ironica e cinica”.