Petsblog Animali domestici Le tante gatte del mondo viste da Torquato Tasso

Le tante gatte del mondo viste da Torquato Tasso

Il grande poeta Torquato Tasso (1544-1595) si vedeva circondato da gatti di ogni tipo e scrisse un delizioso sonetto per descriverli.

Le tante gatte del mondo viste da Torquato Tasso

Ma quanti sono i gatti in giro per il mondo? Tanti, tantissimi, di più. Il grande numero di gatti (a dire il vero: di gatte) che ci sono in girò ispirò Torquato Tasso che subito dopo la poesia dal titolo Alle gatte dello spedale di Sant’Anna, ha questo con il titolo Stesso soggetto. Quindi in quell’ospedale in cui il poeta fu rinchiuso per sette anni doveva essere un proliferare incredibile di gatti e gatte!

Torquato Tasso vede così tanti mici intorno a sé che mette in guardia le montagne dal partorire i topolini, che avrebbero vita breve. Il riferimento è a una brevissima favola di Fedro in cui viene narrato il parto di una montagna che avviene tra grida immani e sbuffi senza fine. Su tutta la terra c’era attesa e alla fine… nasce un topolino! A Tasso non interessa tanto la morale (c’è chi smania e promette cose grandi e poi non conclude nulla) quanto il topolino in sé che se la vedrebbe brutta con tutti i gatti.

C’è poi un’altra particolarità di questo sonetto di Tasso: come è noto il sonetto è composto da due quartine (cioè due strofe di quattro versi) e due terzine (strofe di tre versi). Qui Torquato Tasso aggiunge un’ulteriore terzina, in onore della coda dei gatti: perché, scrive il poeta, per lodare pienamente la composizione, deve somigliare alla coda dei gatti!

Tanto le gatte si son moltiplicate,
Ch’a doppio son più che l’Orse nel Cielo:
Gatte ci son, c’han tutto bianco il pelo,
Gatte nere ci son, gatte pezzate.

Gatte con coda, gatte discodate:
Una gatta con gobba di cammelo
Vorrei vedere, e vestita di velo,
Come bertuccia; or che non la trovate?

Guardinsi i monti pur di partorire,
Che s’un topo nascesse, il poverello
Da tante gatte non potria fuggire.

Massara, io t’ammonisco, abbi ‘l cervello,
E l’occhio al lavezuol, ch’è sul bollire:
Corri, ve’, ch’una senza porta il vitello.

Vo’ farci il ritornello,
Perché ‘l Sonetto appieno non si loda,
Se non somiglia ai gatti dalla coda.

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