Che siano le classiche Trachemys scripta elegans (quelle cosiddette ‘dalle orecchie rosse’ che adesso da noi non possono più essere vendute), le Trachemys scripta, le Chrysemys o tutte le specie di questo genere, prima o poi svilupperanno questa patologia nutrizionale. Eppure sarebbe così semplice prevenirla!
La causa dell’ipovitaminosi A è nell’errata alimentazione che noi continuiamo a proporgli. In media se acquistate una tartaruga d’acqua, ecco che vi verrà proposto il classico mangime a base di gamberetti secchi o di pellettati (le palline rotonde): per quanto sopra ci sia scritto che sono integrati con vitamina A, non è affatto così. Questi mangimi sono del tutto privi di vitamine o del precursore, il beta carotene e cosa fa la tartarughina? Non ricevendone dalla dieta ed essendo questa vitamina indispensabile per la vita dell’animale e per il corretto sviluppo della pelle e delle mucose, comincia ad utilizzare la riserva che ha nel fegato.
Le tartarughine neonate, infatti, hanno una discreta riserva di vitamina A nel fegato, ecco perché quando le comprate non manifestano sintomi. Tuttavia dopo qualche mese o anche prima se vengono alimentate con una dieta iperproteica, ecco che la riserva finisce e se non viene rimpinguata con la dieta, arrivano i sintomi.
I sintomi classici dell’ipovitaminosi A nelle tartarughe acquatiche sono:
Se l’ipovitaminosi A viene presa per tempo è curabile, ma di solito il proprietario attende settimane se non mesi prima di portare la tartaruga a visita: mi sembra ovvio che se una tartaruga non mangia da otto mesi, difficilmente con due giorni di terapia riuscirà a guarire.
La terapia per l’ipovitaminosi A nelle tartarughe richiede due fasi. Nella prima bisogna somministrare della vitamina A. La via preferenziale è quella orale, tramite delle apposite gocce. Si preferisce questa alla via iniettiva perché non esistono preparati appositi per tartarughe e quelli in uso in umana sono difficilmente dosabili, viste le ridotte dimensioni delle tartarughe. Un iperdosaggio di vitamina A causa danni maggiori e potenzialmente mortali rispetto a un’ipovitaminosi. La somministrazione di vitamina A andrà fatta una volta a settimana, almeno per quattro settimane.
Seconda cosa da fare è riaprire le palpebre della tartaruga, rimuovendo tutti i detriti cellulari contenuti al di sotto di esse: si tratta di un cumulo di cellule desquamate e batteri che si accumula proprio a causa della patologia. Sarà il veterinario utilizzando un’apposita sonda a cercare di aprire una fessura nelle palpebre e fare un lavaggio irrigando l’occhio, in modo da eliminare il materiale.
Altra cosa da fare è cercare di stuzzicare la tartaruga ad alimentarsi, ponendole davanti al naso piccoli pezzi di cibo o inserendoli delicatamente in bocca quando la spalanca. Evitate di forzare l’apertura della bocca, perché si rischia facilmente di provocare fratture.
La terapia antibiotica normalmente si associa quando ci sono complicanze polmonari come la polmonite: avete presente la tartaruga che ogni tanto apre la bocca come se fosse in fame d’aria? Ecco probabilmente ha una polmonite in atto.
Per quanto riguarda la guarigione, se presa per tempo e se la tartaruga è tenuta a una temperatura corretta, si parla anche di pochi giorni. Ma se ci ostiniamo a tenere la tartaruga nel classico acquario con la palmetta, senza riscaldatore allora ci potrebbero volere settimane o la tartaruga potrebbe non guarire mai. Vi accorgerete dei miglioramenti perché aprirà gli occhi e comincerà ad alimentarsi spontaneamente.
A questo punto bisogna assolutamente correggere la dieta: eliminate pure i gamberetti secchi e cominciate ad alimentare la tartaruga con cibi freschi: pesciolini, lombrichi, piccoli pezzi di carne, pellet per trote, pomodori, carote, insalate… Ricordatevi poi che le tartarughe d’acqua sono carnivore da piccole, ma tendono a diventare più erbivore man mano che diventano adulti.
La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria.
Foto | Stevendepolo