Il profondo legame tra uomini e animali in una poesia di Tagore
In una sua delicatissima poesia, Tagore racconta di un legame speciale tra un ragazzo e un animale da compagnia abbastanza insolito. Commenta il poeta: “Sorrisi compiacente ed ebbi un senso di dolcezza / che m’invase il cuore”.
Rabindranath Tagore (1861-1941), Premio Nobel per la letteratura nel 1913, nelle sue poesia ha spesso ha elementi presi dal mondo della natura e degli animali. Immagini delicate e forti allo stesso tempo, che mostrano la profonda sensibilità del poeta, tanto che proprio questa fu la motivazione del Nobel che gli venne assegnato:
Per la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi che, con consumata capacità, riesce a rendere nella sua poeticità, espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell’ovest.
In una sua poesia, che già abbiamo postato su Petsblog, descrive quel particolare momento del risveglio, quando l’umano si alza e incrocia gli occhi del proprio cane che aspettano la carezza del buongiorno.
Recentemente ho letto una poesia di Tagore che mi ha fatto commuovere. Il poeta, nella raccolta Il Giardiniere, racconta che in un afoso pomeriggio di maggio sente, dalla finestra aperta, un voce che grida: “Vieni, tesoro mio”. Si affaccia, quindi, alla finestra e si trova dinanzi a una scena delicatissima: un ragazzo che sta facendo rinfrescare il suo amico a quattro zampe. Ma non è un cane o un gatto, no. È un bufalo, a testimonianza del fatto che il legame che si instaura tra esseri umani e animali non umani è molto forte.
Era di maggio. Il pomeriggio afoso
sembrava interminabile. La terra riarsa
si spaccava nel gran caldo, assetata.
Dalla riva del fiume udii una voce
che gridava: “Vieni, tesoro mio”.
Chiusi il libro e aprii la finestra
per guardare fuori.
Vidi presso il fiume un grande bufalo, coperto di fango,
che guardava in giro con occhi placidi e pazienti;
un ragazzo, nell’acqua fino al ginocchio, lo chiamava
per farlo bagnare.
Sorrisi compiacente ed ebbi un senso di dolcezza
che m’invase il cuore.