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I vestitini per cani sono un vezzo dei nostri tempi?

Già Luigi XI di Francia (secolo XV) faceva indossare una vestaglia al suo cane per evitare che avesse freddo. Mille dettagli e curiosità nel libro di Hans Tuzzi “Gli occhi di Rubino”.

I vestitini per cani sono un vezzo dei nostri tempi?

Quando si parla di vestitini per cani, cappottini, impermeabili, cappelli e accessori vari gli animi si dividono subito: c’è chi li ama e chi li odia. Spesso si sente in giro (o si legge in rete) che sono tutte frivolezze dei nostri tempi. Siamo proprio sicuri che sia così? Nel bellissimo libro Gli occhi di Rubino. Di cani, di libri, di cani nei libri, scritto da Hans Tuzzi (un libro che tratta del cane nella letteratura e nell’arte; una sorta di viaggio tra le pagine e le opere che nei secoli hanno celebrato il migliore amico dell’uomo) si parla anche di quest’aspetto. Scrive l’autore:

Noi attribuiamo al nostro tempo la frivolezza dei prodotti per cani, a cominciare da cappottini e impermeabili. Eppure, giù Luigi XI di Francia pretendeva che Mistodin venisse abbigliato con la camicia da notte, per proteggerlo dal freddo notturno. Secolo XV.

E poi passa in rassegna alcuni aspetti dell’abbigliamento canino. Al primo posto troviamo il “vestito” da caccia. Scrive Tuzzi:

Per non parlare degli accorgimenti prodigati a proteggere i cani da caccia. Un inventario italiano del 1542 menziona “due armature bianche da armar dui cani” e le armature dei cani di Carlo V e Filippo II sono ben documentate in vari musei spagnoli, montate su modelli lignei a grandezza naturale, come la cavalcato dello Stibbert: parafronte impennacchiato, gorgiera di maglia d’acciaio, corazza a proteggere groppa e ventre, e una gualdrappa di velluto rosso e oro a coprire le cosce.

Si dirà: “Ok, erano solo un modo per proteggere i cani durante le battute di caccia”. Ma anche i cani “da grembo” erano ben agghindati con mantelli, orecchini e collier! Scrive l’autore:

Non parliamo, poi, delle attenzioni per i cani da grembo. I maltesi della corte estense donati a Enrico II venivano forniti di mantelli di satin bianco dai bordi ricamati con fili d’argento. L’età barocca impose gli orecchini, legati con ampi nastri di seta a entrambe le orecchie: la corte medicea era celebre per lo sfarzo di questi “must” dell’eleganza canina. L’Ottocento vedrà il trionfo borghese dell’umanizzazione del cane: nel 1835 apre Bouyer & Gotschif, specializzato in articoli di questo genere, mentre in rue Saint-Honoré il grande magazzino Aux États-Unis pubblicizza i propri “colliers dernière mode, manteaux et niches”. Ma sulle “niches”, le cucce, è ben difficile che l’età borghese possa competere con le folli, elegantissime cucce dei cani da grembo d’Antico Regime, piccoli capolavori d’ebanisteria con profusione di stoffe preziose.

Altro accessorio da prendere in considerazione è il collare. Continua Hans Tuzzi:

I collari, invece, e soprattutto quelli concepiti per animali da caccia o da guardia, conservano tutto il fascino maschio di certo artigianato di utilità, un po’ come le vecchie mazze da golf, o gli strumenti da mascalcìa. Alcuni grandi collari di cuoio e metallo ci restituiscono nomi pittoreschi: Angelillo, Giech, Hector… molossi, cani di Lione, grandi levrieri del tempo che fu […] Superbo per solidità e finezza di cesello, il collare di cuoio color castagna, acciaio niellato e rame di Bouncer parla ancor oggi: osservandolo si avverte quasi il silenzioso scambio di sguardi tra il cane e il suo compagno umano, il romanziere Charles Dickens. E come è solido, concreto, semplice il collare di cuoio nero con piccole borchie d’acciaio che Jerome K. Jerome regala a Derby the Devil, il cane di Arthur Conan Doyle.

È proprio vero quello che scrive il Qoelet nella Bibbia: “Non c’è nulla di nuovo sotto il sole”.

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