Gattari da legare: Non guardarmi in gattesco!
La più anziana delle gatte di mia madre ha un caratteraccio.
Io la scuso perché ha avuto un’infanzia difficile: la adottai quando aveva due mesi, già perfettamente autosufficiente (e asociale) a causa di un distacco prematuro dalla madre e dai fratelli. La gattina manifestava un’insolita violenza verso la propria immagine riflessa, che aggrediva dopo averle fatto una terribile haka. Il Don Bosco felino che era in me decise di riportarla nella società civile. Senza alcun risultato.
La gatta è un’eremita: vive nei vasi delle piante in estate e nel camino in inverno. Risponde quando la chiamiamo perché è una gattina educata ma, se contempla un muro in modo estatico facendo quelli che chiamo “gli esercizi spirituali”, non c’è modo di attirarla. In realtà, se vede la spazzolina corre, ma è la sua unica concessione alla vanità. Ha un’alopecia da stress che ogni tanto si ripresenta ma, fortunatamente, con l’età le cose migliorano: da quando mia madre ha cambiato casa, la gatta ha stabilito arbitrariamente ma con efficacia che è lei a comandare. Gli altri gatti di casa e quelli della colonia sembrano averlo capito: quando lei va in giardino lancia sguardi freddi e decisi, e i gatti si aprono al suo passaggio come il Mar Rosso con Mosè.
Fino a qualche anno fa evitava i gatti esterni come se fossero il peggiore dei mali, tenendosi sempre incollata al muro e correndo a testa bassa. Adesso li guarda e li fulmina sul posto. Mentre le altre gatte, di notte,cercano di prendere possesso delle camere da letto degli umani, lei mantiene saldamente il controllo dell’ingresso, per evitare che a qualcuno venga in mente di rubarle il ruolo di femmina alfa. Niente violenza, niente scene truculente da documentario sulla savana: avete presente Fabrizio Bentivoglio nel ruolo del terribile e frustrato professore nel film “La scuola”? Bene: eliminate la frustrazione e avrete l’immagine della mia adorata, anziana, asociale gattina.
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