Gattari da legare: L’appeal dei gatti
Mi sono chiesta cosa sia, nei gatti, che mi fa perdere la testa: la piccola zona che include naso e bocca.
Quando io vedo quella boccuccia socchiusa perdo il controllo, e comincio a inseguire il malcapitato tentando di baciarlo. So che potrà sembrare un atteggiamento patologico: se inseguissimo qualcuno per baciarlo verremmo arrestati per molestie. Ma i miei gatti non mi hanno ancora denunciata e, inoltre, non riesco quasi mai a soddisfare il raptus. I gatti intercettano il lampo di follia nei miei occhi e trovano riparo a un paio di metri da terra, guardandomi dall’alto con un misto di sussiego, pietà e soddisfazione.
Nel 1892 Gabriele D’Annunzio, in seguito a una scommessa, compose in napoletano “‘A vucchella“, poi musicata da Tosti. Non so quante volte l’ho cantata ai gatti, senza alcun successo, per convincerli a farsi strapazzare. Penso che il fallimento dei miei tentativi di seduzione sia dovuto solo alla mia intonazione carente, perché il napoletano i gatti lo capiscono eccome. Almeno, se chiedo “Vulisseve magnà’?”, corrono tutti…
Il fascino di quelle vucchelle risiede, probabilmente, nel celare denti letali da predatore dietro labbra delicate come il corallo di Sciacca: come una delle rose del mio giardino, che recido e che poi lancio per aria perché, come al solito, quelle spine infide e vigliacche mi uncinano la mano. Diciamocelo: la bocca di un cane o di uno squalo, potenzialmente pericolose, non hanno questo grande fascino. A me non è mai venuta la voglia di baciare un ghiottone o un caimano. Il fatto è che questi animali (va bene, tolgo i cani dall’elenco…) sono come i cattivi dei film: li riconosci subito, brutti e temibili. Il gatto no, il gatto è la femme fatale di un film in bianco e nero. Io sono lo sprovveduto che ci casca sempre.
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