Gattari da legare: La voce del padrone
Uno studio giapponese sui gatti ci dice ciò che già sapevamo.
Un recente studio giapponese sul riconoscimento da parte dei gatti della voce del padrone ha dato risultati tutt’altro che sorprendenti: il gatto riconosce la voce, stando ai segnali che lancia, ma la ignora. Luca ve ne aveva parlato un po’ di tempo fa, ma vorrei affrontare il discorso da “gattara”. Avete presente quando chiamate il micio, lui gira mezzo orecchio e non vi degna di uno sguardo? Ecco, proprio quello. Lo stimolo delle voce conosciuta provoca una reazione, ma tiepida e controllata. Provate a farlo con un cane, e si lancerà verso la fonte sonora.
La risposta sembra essere un “mezzo” addomesticamento del gatto domestico avvenuto nel corso della storia: mentre il cane era sottoposto a pressioni per obbedire, il gatto sceglieva una dimora e un padrone e si relazionava agli umani in modo più rilassato. La cosa non stupisce nessuno, ma mi sembra poco lusinghiera, raccontata così: i gatti, come gli umani, non sono tutti uguali. Ne ho avuti alcuni che correvano incontro a mia madre quando sentivano il rumore dell’auto, e altri che si precipitavano ogni volta che sentivano il rumore della porta. E, per i malpensanti, lo facevano anche a stomaco pieno.
La notizia vera e propria, secondo me, è un’altra: sono i risultati impliciti dello studio. Il proprietario di gatti sa benissimo che l’animale lo ignora, nella maggior parte dei casi. Non per questo, però, manifesta verso il proprio pet un attaccamento minore rispetto ai proprietari di cani. C’è anche da dire, però, che l’esperimento è stato condotto in ambiente domestico: tutti, bipedi e quadrupedi, in casa sono più rilassati. In un ambiente estraneo, come si sarebbero comportati?
Sono felice che non abbiano rinchiuso i gatti in un luogo estraneo per testare le loro reazioni, ma avrei voluto sapere, per esempio, cosa fa un gatto abituato a uscire quando è nelle vicinanze di casa e il padrone si sgola per farlo rientrare. Solitamente a noi capita quando stiamo per uscire e abbiamo fretta: non si trova un gatto, non vogliamo lasciarlo in giro e tentiamo di farlo tornare. Lui lo fa, ma con estrema calma e solo dopo essersi assicurato che il ritardo da noi accumulato sia di una certa entità. Solitamente, poi, il gatto è dietro l’angolo a dormire o a guardare il panorama. Aspetta che ci sporchiamo per infilarci in tutti gli anfratti per cercarlo e poi si degna di apparire. E noi, invece di arrabbiarci, gli facciamo le feste. Sì, forse lo studio dovrebbero condurlo su noi gattari.
Via | la Repubblica
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