Gattari da legare: Il richiamo e il controllo
Anche oggi sono cascata nel più scontato degli inganni: paesino medievale, mercatino di Natale, vicoli in forte pendenza con lastricato consunto e assassino. Terrorizzata da bambini con bomboloni stillanti cioccolato bollente e adulti dediti al vin brulè (come la sottoscritta, del resto), ho deciso di infilarmi in un vicoletto deserto. Trattandosi di una rubrica sui […]
Anche oggi sono cascata nel più scontato degli inganni: paesino medievale, mercatino di Natale, vicoli in forte pendenza con lastricato consunto e assassino. Terrorizzata da bambini con bomboloni stillanti cioccolato bollente e adulti dediti al vin brulè (come la sottoscritta, del resto), ho deciso di infilarmi in un vicoletto deserto.
Trattandosi di una rubrica sui gattari, naturalmente, vi aspetterete che scriva che uno splendido gattino nero mi si è parato davanti. In effetti, uno splendido gattino nero mi si è parato davanti. A una prima occhiata, il micio si è lasciato subito classificare come “felino ancora ingenuo e facilmente avvicinabile; grado di coccolosità, 8 su 10; probabili graffi e morsi in fase di gioco, 9 su 10; mia disponibilità a tollerarli grazie all’insensibilità dovuta al freddo e al vin brulè, 10 su 10″.
Salto la fase delle coccole, del gioco, delle grattate sulla pancia e dei morsi dati abbrancando la mia mano in equilibrio su due zampe, come un orso polare che divori un pesce, e passo alla domanda decisiva, posta dal mio compagno: “Ma hai deciso di prendere questa stradina perché avevi visto il gatto?”. Non lo so, non ricordo. Di sicuro avevo intravisto una vecchia pentola, di quelle con l’interno smaltato, lasciata sull’uscio di una porta, ma non sono affatto sicura di aver visto il gattino.
Se i gatti hanno il sesto senso, penso che ne comunichino un po’ anche a noi, che impariamo a riconoscere posti e situazioni da gatti. O, più semplicemente, controllano le nostre labili menti quando hanno bisogno di qualcuno che gratti un po’ loro la schiena.
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