Gattari da legare: Il proprio dovere
"Scendi". "Scendi. E due...". "Ti ho detto di scendere!". "Guarda che mi alzo!". "Vabbè, resta là".
Dialoghi (monologhi) così ne potete sentire decine ogni giorno, se conoscete qualcuno con dei gatti. Io no, non ne dico più di frasi simili: se proprio il gatto sta facendo qualcosa di terribile lo vado a prendere direttamente. Altrimenti, se il danno consiste solo nel dover pulire dove lui è passato, faccio finta di niente. Sì, se ci sono estranei cerco di darmi un tono, ma senza disturbarmi più di tanto: ho perso ogni vergogna. La casa è loro, non è nostra; so che educare i gatti è possibile, ma noi siamo troppo vecchie, siamo come i nonni coi nipoti: mica potrai dire sempre “no”, qualcosa a ‘sto gatto dovrai concedergliela, no?
Io mi sono data pace: fanno il loro lavoro. E il loro lavoro è cacciare, saltare, mangiare e dormire. Se durante una di queste operazioni sporcano o rompono qualcosa è normale. Questa filosofia mi ha tanto aiutata con mia figlia: hai strappato la pagina di quel libro introvabile? Ok. Colpa mia, dovevo metterlo più in alto. La attaccherò con il nastro adesivo. Hai gentilmente offerto alla tua bambola e quindi al pavimento il latte coi biscotti che ti avevo portato? Benissimo, sei una bimba generosa. I pavimenti vanno comunque lavati. Nessun problema. Ecco, coi gatti è così. E poi c’è mia madre.
Mia madre non si arrende, mia madre li vuole educare. Lei li minaccia o cerca di ragionarci, mette bei vasetti sul tavolino da tè con un bel centrino e si arrabbia se le tirano giù tutto. Lei ancora si chiede disperata “perché?”. Perché avete tolto il coperchio della pentola e avete rubato il pollo? Perché dormite solo sui cuscini puliti e stirati? Io ho sviluppato anche verso di lei quell’atteggiamento fatalista che uso coi gatti: mia madre è così, lava per terra in cucina a ora di pranzo (dei gatti) e si arrabbia perché le fanno le improntine. Deliziose tra l’altro, le improntine. Il giorno della mia laurea ne avevo una sul frontespizio della tesi, tanto per darvi un’idea. Posso ancora capire la copertina, ma il frontespizio…
A volte penso che queste mie tolleranza e pazienza, essendo in realtà doti estranee al mio carattere, siano il sintomo di una mia futura esplosione in stile “Un giorno di ordinaria follia“. Non mi doterò di un’arma, niente violenza né scenate ma, verosimilmente, afferrerò una straccio e costringerò i gatti a pulire, ruberò il pollo dalla pentola per far capire a mia madre che errare è umano, ma lasciare il pollo sempre là è diabolico, e svelerò a mia figlia che la bambola è un pezzo di plastica e non lo vuole, il latte coi biscotti. Posso essere una vecchia acida e incattivita: sono gattara, è il nostro lavoro.
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