Gattari da legare: Il gattaro e la sindrome di Stoccolma
Anche il gattaro, a volte, va in vacanza.
Riempie la casa di post it con indicazioni per i catsitter (io lo facevo anche con mia madre, e tenete presente che vivevamo insieme e lei era gattara da prima di me), saluta i mici con trasporto dieci volte, fa a tutti raccomandazioni (mangia, fatti spazzolare/pulire le orecchie), carica la valigia, risaluta tutti e poi, forse, si decide ad andarsene.
I primi giorni trascorsi fuori sono una rivelazione: il gattaro tiene chiuse le porte per il gusto di farlo,sapendo che nessuno ne chiederà l’immediata apertura, e si attarda quando esce per il gusto di lasciare la porta di ingresso spalancata, senza il timore che qualcuno esca.
Dopo un paio di giorni non capisce, in fondo, a cosa serva tenere le porte chiuse: circola meno aria. Il letto occupato nella sua interezza inizia ad andargli troppo largo: le prime due notti le ha passate ad allungare soddisfatto gambe e braccia, rigirandosi di continuo. Ma non gli serve tutto quello spazio, sono trent’anni che dorme in 70 cm, allungare le gambe implica uno sforzo mentale enorme, una coercizione.
Anche il mancato spazzolamento mattutino di coperte e cuscini lascia al gattaro dei tempi morti che non sa come impiegare. Per fortuna le vacanze finiscono, e si torna a casa scodinzolando come cagnolini, inseguendo ovunque i gatti: “Vi sono mancata? Mi volete bene? Posso darvi un bacino?”. E non importa se i gatti nemmeno ti guardano, mentre li bracchi: quando cala la notte, il gattaro sa che quattro silenziose e morbide zampette verranno a dargli il bentornato. In 70 cm di lunghezza.
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