Gattari da legare: Il gattaro 2.0
Il gattaro, nel XXI secolo, ha un'ossessione in più: internet.
Mia nonna, nata negli anni ’20, aveva come “unica” preoccupazione quella di tenere al caldo e con la pancia piena i gatti. Con la diffusione delle automobili, si aggiunse la necessità di difendere i mici da quest’ulteriore minaccia che, nella mia esperienza, ha fatto più danni di parecchie malattie. Ma la colonia restava un’isola, una piccola comunità relativamente isolata e “nascosta”. I vicini, chi con simpatia, chi con antipatia, assecondavano quelle che pensavano essere le stramberie di una signora attempata che, in quanto tale, andava comunque rispettata.
Nel 2015 la situazione è un po’ cambiata: il gattaro (ma non i suoi vicini) si rende conto di non essere un pazzo isolato. Si accorge, grazie a internet e ai social network, che non esistono solo le proverbiali e mitiche gattare di Roma, ma che suoi simili sono sparsi in tutta la penisola, nelle grandi città e nei piccoli borghi.
E così, piano piano, si rende conto che i problemi sono gli stessi ovunque, ma viene anche a conoscenza dei propri diritti: il gattaro 2.0 ha un rapporto privilegiato con aziende sanitarie e forze dell’ordine. Se prima la morte sospetta di un gatto portava al massimo a un litigio coi sospettati, adesso porta a una denuncia.
Molti gattari che un tempo avrebbero dovuto cavarsela da soli, adesso possono contare sull’appoggio di associazioni, su consigli dati da esperti e persino su un aiuto se c’è qualche spesa particolarmente importante (generalmente, operazioni chirurgiche in seguito a incidenti con auto, tanto per cambiare).
Questa rete di supporto, la possibilità di farci sentire meno soli, ha aiutato il gattaro a uscire dallo stereotipo del sociopatico? Macché. Siamo peggiorati. Ce l’abbiamo con il mondo intero, si salvano solo i nostri gatti. Sospettosi verso tutti, iniziamo la giornata analizzando il tono di voce dei vicini: “Sbaglio o mi è sembrato che ce l’avesse col gatto? Ha alzato la voce col gatto rosso?”, e via col rancore e con l’odio quando magari, 15 minuti prima, ad alzare la voce col gatto rosso siamo stati noi, esasperati dall’aiuola buttata per aria.
Entrare in contatto con altri gattari, anziché renderci più sereni e darci più tranquillità, sembra averci definitivamente trasformati in ciò che la gente pensava che fossimo: asociali, arrabbiati, sospettosi e rompiscatole. Se uno appena si avvicina a uno dei nostri “protetti” iniziamo a urlare leggi, minacciare una denuncia, lanciare anatemi: “Sa cosa è successo in una colonia di Vattelapesca tre giorni fa? Guardi che chiamo i carabinieri!”. A volte ci meriteremmo un: “Gatto? Che gatto? Mi ero abbassato a prendere le chiavi, mi erano cadute”. O un sempreverde pernacchio.
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