Gattari da legare: I noiosi discorsi dei gattari
Ho rivisto una vecchia amica dopo dieci anni, e una delle prime domande che mi ha fatto riguardava i gatti.
Ricordava esattamente quanti e quali gatti avessi, quali fossero le loro caratteristiche. Devo specificare che questa mia amica era mia coinquilina all’estero, e non ha mai conosciuto di persona i gatti in questione. Non è nemmeno una gattara o una persona particolarmente amante dei gatti. Quindi? Cosa porta una persona con scarsa memoria per i particolari a ricordare nel dettaglio i miei gatti? Chiaramente, i miei ossessivi racconti.
Mi sono resa conto di averle fatto una testa così, nei lunghi mesi passati lontano dai miei gatti. A distanza di dieci anni, mi è stato garbatamente e involontariamente posto innanzi lo specchio della mia mania. E ho cominciato a ricordare: sul posto di lavoro avevo come sfondo del desktop i miei gatti, nella classe di italiano per stranieri nella quale insegnavo facevo solo esempi di frasi coi gatti (il gatto rosso dorme sul letto, il gatto tigrato salta sul tavolo, il gatto bianco mangia il merluzzo). Ho annoiato decine di persone in mezzo Egitto.
Che poi, in Egitto, spunti per parlare dei gatti non mancano mai, anche se sicuramente non sono il tipo di persona che ha bisogno di spunti. Verosimilmente, anche nel bush australiano riuscirei a intavolare una discussione “felina”.
Dovrei darmi una regolata? Non penso di riuscirci. Mi sono spesso lamentata delle madri che parlano in continuazione dei figli, ma non sono così diverse da me. Cambia l’oggetto della mia conversazione, ma non il risultato: “Hai visto che tempaccio?” “Sì. Ricordo una giornata analoga nel 2008. Avevamo ospitato una gatta che aveva appena partorito, e…”.
La gente è carina con me: asseconda la mia pazzia con garbo ed educazione, guardandomi con benevolenza e umana comprensione. Non assume atteggiamenti infastiditi, forse solo un po’ perplessi, almeno all’inizio. Sembra accettare questa mia “stranezza” in modo quasi divertito. Poi, dopo 10 anni, qualcuno torna e mi ricorda i miei discorsi monotematici. Vi chiedo scusa. Abbiate pazienza: è che predicare il verbo di Bastet è un’esigenza e un dovere primario.
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