Gattari da legare: Gatti da museo
Devo ammetterlo: ho un debole per Twitter.
Questo debole, che diventa un’ossessione durante la Museum week, ieri si è trasformato in una tortura: era il Museum cats day, e io non avevo tempo per seguirlo. Quindi, dopo aver messo a nanna la gattara piccola, che ieri sembrava una caffeinomane e non ha ceduto prima delle 23:30, sono andata su Twitter e… sono stata sopraffatta. Musei di tutto il mondo avevano tributato il loro omaggio alle mie divinità: musei egizi, musei di arte contemporanea, Van Gogh, Warhol, Mike, il gatto del British Museum che per vent’anni ha fatto da “portiere” e che si è guadagnato un sentito epitaffio e una celebrazione a 50 anni dalla morte… C’era di tutto.
Perché tutto questo amore dei musei per i gatti? Lo sappiamo, un gatto in biblioteca o in un museo tiene lontani i topi. E perché questo amore degli artisti di tutte le epoche per i gatti? Perché sono anatomicamente perfetti. Prendete un genio come Leonardo, che dello studio dei corpi ha fatto sia scienza che arte: avete mai visto i suoi studi sui piccoli felini? Non c’è quel lato grottesco spesso riservato agli umani. I gattini sono teneri batuffoli.
Anche un artista non gattaro non può fare a meno di amare e ritrarre un micio. È un classico, un esercizio da fare, come dipingere l’uva in una natura morta. Solo che è una natura viva. Basta setter al fianco di nobili in tenuta da caccia! Il gatto è un’opera d’arte anche senza umano al suo fianco.
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