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Gattari da legare: Dei gatti e d’altre specie

La curiosità (e l'indifferenza) dei gatti verso le altre specie animali.

Gattari da legare: Dei gatti e d’altre specie

Mi ha sempre incuriosita il rapporto dei gatti, universi autosufficienti, con gli altri animali. Fedeli al credo “ogni cosa è stata creata per il mio sollazzo”, li ho sempre e solo visti interessati a lucertole, cavallette, uccellini e topolini. Sicuramente vivere tanti anni in città mi ha reso difficile vederli alle prese con canguri o giraffe, ma ho apprezzato la loro assoluta indifferenza e/o contenuto sdegno davanti a un cane che leccava scomposto la ciotola.

Vicino casa di mia madre, da qualche settimana, un appezzamento di terreno è stato convertito in pascolo. I gatti della colonia sostano davanti alla recinzione guardando le vacche come se fossero al cinema: uno a fianco dell’altro, si godono l’insolito spettacolo dei campanacci. Non so se si accorgono che quello con le zampe e il pelo è lo stato che precede l’inscatolamento.

Quando io e mia sorella eravamo piccole, e la villeggiatura era abbastanza lunga da consentire il trasloco di mezza casa gatti inclusi, eravamo terrorizzate a ogni verso di rapace: le nostre gatte avevano accesso al balcone e immaginavamo scene apocalittiche di mici ghermiti e portati lontano al chiaro di luna. In realtà, se un rapace fosse riuscito a scendere in picchiata sul nostro esiguo balcone sopravvivendo all’impatto con le grondaie, avrebbe avuto come minimo un colpo della strega nel sollevare quelle panzone di tigri che ci ostinavamo a chiamare “gatte”. Le gatte dovevano saperlo perché, quando uscivamo mezzo infreddolite e addormentate, non sembravano occuparsi nemmeno per sbaglio dei predatori notturni che mettevano in ansia solo noi.

Non distante da casa mia, invece, c’è un ovile. I miei gatti, forse perché abituati, lo ignorano. In effetti anche io lo ignoro, soprattutto perché, con l’avvicinarsi della Pasqua, gli ovili diventano luoghi da traumi perenni come nel Silenzio degli Innocenti. Io non sono vegetariana: la carne cruda mi provoca la nausea, quando la cucino per qualcuno la maneggio coi guanti e non la guardo, ho generalmente problemi a mandarla giù quando cotta, penso agli ultimi istanti di vita dell’animale e mi sento svenire e, se fosse per me, vivrei tranquillamente in uno stato perenne di anemia (cosa che, in effetti, faccio, con buona pace di proteine vegetali, assunzione di vitamina C per assorbire il ferro e simili). Non tollero l’esistenza degli allevamenti intensivi, sto attenta alla provenienza di quel che compro, ogni volta che vedo un cacciatore cerco la lite. Ma non sono vegetariana: se sono ospite a casa di qualcuno, mangio quel che ho nel piatto, e penso che sia sbagliata l’alimentazione vegetariana per animali carnivori e bambini. Nonostante ciò, e nonostante il mio appello possa sembrare ipocrita, vi chiedo, per Pasqua, di lasciar stare la carne d’agnello. Eviterete traumi a chi vive vicino a un ovile e darete modo a gatti indifferenti di continuare a passare lì davanti indifferentemente.

Foto | Flickr

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