Gattari da legare: Buona notte, buon giorno
Quando un gatto entra nel tuo letto, l'ospite sei tu.
Io non ho mai avuto una vera camera da letto: sono sempre stata ospitata dai gatti nella loro camera che, del tutto casualmente, accoglieva i miei effetti personali. Quando vado a casa di mia madre i gatti mi prestano il letto ma, devo confessare, generalmente chiudo la porta e li estrometto. Due sere fa non ce l’ho fatta: la gattina pudica, la damigella ottocentesca, al di là della soglia, ha iniziato a fare un versetto irresistibile per farsi aprire. Non era un lamento irritante o un pianto insistente, era un versetto da Piccola Fiammiferaia con poche forze residue che implorava un po’ di calore.
Sentendomi Scrooge la notte di Natale, le ho aperto e l’ho fatta entrare. E l’incubo è iniziato. La pulzella moltiplica il suo peso: non so se la Marvel abbia mai pensato a un X Man o a un altro personaggio con questa caratteristica, ma la mia gatta potrebbe ispirarlo. Lei sale sul letto pesando 4 chili e si accomoda sulle gambe quando ha raggiunto i 15. Prima partono i pruriti alle gambe dovuti alla circolazione bloccata: a fatica, sposto le gambe e mi contorco per arrivare con le unghie agli stinchi. Poi iniziano i formicolii, perché gli arti mi si addormentano contemporaneamente.
Quando inizio a valutare l’ipotesi di farla uscire, accendo la luce e vedo due occhi, enormi e verdi, che mi guardano pieni di lacrime. Allora spengo di nuovo la luce, mentre il “prrr prrrr” di fusa soddisfatte riparte. Mi sveglio mediamente ogni due ore, con dolori e tutta anchilosata. Le mani sono nascoste per bene sotto il corpo, perché la signorina ha il vizio di ciucciare le dita. Finché era piccola era una cosa graziosa, ma adesso che ha artigli e zanne è un’ulteriore tortura: mi blocca con le unghie la mano, e mi affonda i denti nella carne, ciucciando con giubilo. Mi alzo di cattivo umore, più stanca di quando sono andata a letto, e mia madre mi accoglie con lo sguardo che aveva quando tornavo da scuola con un temporale e senza ombrello: “Ha dormito con te, vero?”. Poi è la volta di mia sorella, ma il tono non è preoccupato, è quello leggermente ironico di chi sa: “Buon giorno! Dormito bene?”.
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