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Cheratite eosinofilica nel gatto: cause, sintomi e terapia

Fra le tante malattie che possono colpire la cornea dei nostri gatti, abbiamo anche la cheratite eosinofilica del gatto. In questa malattia oculare gli eosinofili ivadono la cornea dando ad essa un aspetto rosato, biancastro o gessoso. Inoltre gli eosinofili possono invadere anche congiuntiva e sclera, dando all'occhio un aspetto perennemente infiammato

Cheratite eosinofilica nel gatto: cause, sintomi e terapia

Torniamo a parlare di patologie oculari dei mici. Fra le tante malattie che possono interessare la cornea del micio abbiamo anche la cheratite eosinofilica del gatto (se vi piacciono gli acronimi diventa FEK). Si tratta di una malattia che colpisce la cornea ed è abbastanza diffusa nei gatti di qualsiasi età (anche se si presenta con maggior frequenza nei gatti di età inferiore ai 4 anni). Inoltre colpisce sia gatti comuni europei che gatti di razza, anche se la si è vista soprattutto nel Persiano, Siamese, Himalayano e nel Blu di Russia, ma non è detto che non possa essere ritrovata anche in altre razze.

Cheratite eosinofilica bilaterale nei gatti: cause e sintomi

cheratite eosinofilica gatto

Quello che succede nella cheratite eosinofilica del gatto è che gli eosinofili (un particolare tipo di globuli bianchi solitamente associati alle reazioni allergiche e alla presenza di parassiti) invadono la cornea, dandole un aspetto rosato, bianco o gessoso a volte. Questi eosinofili, poi, possono invadere anche la congiuntiva e la sclera, causando un’infiammazione diffusa dell’occhio.

Di norma viene colpito soprattutto il limbus temporale, seguito a ruota dal limbus nasale. Le lesioni tuttavia possono progredire fino a interessare più parti dell’occhio. Spesso la patologia è bilaterale, soprattutto quando non viene curata per tempo.

Nei gatti con cheratite eosinofilica spesso nei raschiati corneali è stato isolato l’Herpesvirus (FHV-1). Anzi: il 75% dei gatti con FEK presenta anche l’Herpesvirus.

La presentazione tipica è quella di una placca corneale bianco-rosata che può interessare porzioni variabili della cornea. Si presenta come un deposito biancastro di consistenza granuloso, più o meno spasso, facilmente rimovibile tramite raschiatura.

Questi sono i sintomi della cheratite eosinofilica nel gatto:

  • presenza di lesioni monolaterali o bilaterali in rilievo sulla cornea, di colore rosa, bianche, grigie o marrone chiaro
  • inizialmente si nota solamente la formazione di nuovi vasi sanguigni sul bordo della cornea, ma presto si sviluppano le lesioni di cui sopra
  • depositi biancastri sulla cornea (lesioni croniche granulomatose)
  • grave congiuntivite
  • chemosi (edema della congiuntiva)
  • fotosensibilizzazione
  • dolore (non sempre presente)
  • miosi
  • scolo oculare mucoso e denso

Cheratite eosinofilica nel gatto: diagnosi e terapia

La diagnosi di cheratite eosinofilica nel gatto si basa in primis sull’evidenziazione della tipica lesione sulla cornea. Il sospetto viene poi confermato tramite esame citologico, raschiati e ricerca virale.

La diagnosi differenziale viene posta con:

  • ulcere corneali croniche vascolatizzate
  • cheratite da Herpesvirus
  • tumori corneali (linfoma o carcinoma)
  • infezioni da Chlamydia psittaci (ma raramente interessa la cornea, di solito provoca chemosi congiuntivale)
  • infezione da Mycoplasma felis (raramente colpisce la cornea)

La terapia per la cheratite eosinofilica implica di solito la somministrazione di farmaci antinfiammatori. Un tempo si usava anche il megestrolo acetato, ma per via delle complicanze legate allo sviluppo di tumori mammari, piometra, diabete mellito, polifagia, alopecia e alterazioni comportamentali si preferisce non somministrarlo. La terapia antinfiammatoria tramite cortisonici o ciclosporina di solito avviene per via topica. Considerate però che la terapia cerca di rallentare la progressione della malattia, difficile riuscire a curarla definitivamente, spesso la terapia è a vita.

In alcuni casi si è provato anche a rimuovere chirurgicamente tale tessuto anomalo, soprattutto nei gatti gravemente colpiti. Tuttavia ci sono pochi studi clinici che parlano della reale efficacia di questa procedura. Inoltre bisogna considerare che, a seguito di interventi del genere, bisogna sospendere l’uso dei cortisonici, cosa che comporta un peggioramento della malattia.

Fonti:

  1. VCA Hospitals
  2. National Library of Medicine
  3. PetMD

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