Che cos’è l’accanimento terapeutico?
Che cosa si intende con accanimento terapeutico in veterinaria?
Accanimento terapeutico – L’idea per questo post mi è venuta perché troppo spesso in medicina veterinaria si sente utilizzare a sproposito tale termine, sia in un senso che nell’altro. Quello che proprio non riesco a tollerare sono quei proprietari che cercano di giustificare le loro richieste di eutanasia con un presunto accanimento terapeutico, anche quando questo non esiste. Mi spiego meglio: molti proprietari, per pigrizia o semplicemente perché non hanno più voglia di dedicarsi al loro pet, considerano accanimento terapeutico dare delle medicine al cane per curare una patologia. Un esempio pratico: cane con problema cardiaco, prescrivi la terapia con la giusta combinazione di farmaci, il cane con quei farmaci sta bene, ha una qualità di vita accettabile (quindi mangia, i sintomi sono tenuti sotto controllo, fa una vita normale), ma ecco che il proprietario sostiene che dargli tutti quei farmaci sia accanirsi. No, non funziona così: dargli quei farmaci è la cura per sostenere un cuore malato, accanirsi è un’altra cosa. Se la pensate così, vuol dire che quando avrete voi un problema di salute non dovrete prendere nessun tipo di farmaco, perché anche questo vuol dire accanirsi, no? Questo seguendo il vostro ragionamento.
Cosa vuol dire accanimento terapeutico?
Per accanimento terapeutico si intende mettere in atto delle terapie di documentata inefficacia in rapporto all’obiettivo che ci si è prefissati, terapie che possono aumentare i rischi o aggravare le sofferenze del paziente senza un reale beneficio. Questo è un accanimento terapeutico vero: utilizzare terapie che non servono per una guarigione definitiva o che prolungano la vita provocando dolore e sofferenza al cane e al gatto.
Se ci pensate bene, qualsiasi terapia serve per prolungare la vita di cani e gatti, con lo scopo di migliorarne la qualità della vita. Tuttavia bisogna valutare situazione per situazione. Immaginiamo un cane con insufficienza renale: dovrà prendere diversi farmaci per cercare di rallentare la progressione della malattia. Può accadere che tramite queste terapie la situazioni migliori: bene, adotto una terapia per una malattia dal quale il cane non può guarire, ma sto riuscendo a garantire al cane una buona qualità di vita senza sofferenze. Quindi di fatto gli prolungo la vita di qualche mese/anno (dipende da come reagisce), ma sempre avendo una buona qualità di vita. Questo non è accanimento terapeutico, questa si chiama terapia.
In questo caso si parla di accanimento terapeutico se la terapia non è efficace, se nonostante tutti gli sforzi la patologia continua a peggiorare ponendo il cane in un continuo stato di sofferenza con peggioramento continuo. In questo caso, quando si arriva ad uno stadio terminale dal quale è evidente che non si riuscirà a tirare fuori il cane ecco che si può parlare di accanimento terapeutico. In questo caso continuare le terapie servirebbe solo a prolungare le sofferenze del cane.
Dare le medicine ad un cane cardiopatico non è accanimento terapeutico; fornire una terapia di sostegno ad un cane con tumore (che faccia o meno chemioterapia) non in stadio terminale non è accanimento terapeutico; dare delle medicine ad un cane anziano per curare le sue innumerevoli patologie non è accanimento terapeutico.
Cosa intende il proprietario con accanimento terapeutico?
Ho notato che per il proprietario accanimento terapeutico di solito significa due cose. La prima situazione è quando si ha un caso terminale, ma il proprietario non si rassegna a perdere il proprio pet: in questo caso è la componente emotiva che la fa da padrone, il proprietario non è pronto a perdere il proprio cane e gatto quindi si ostina a chiedere terapie anche quando è evidente che non apportano beneficio al paziente e ne stanno solo prolungando sofferenze e agonia. E’ a questo punto che entra in causa il rapporto di fiducia col veterinario: sta al veterinario spiegare che in questa situazione decidere per l’eutanasia non significa uccidere il proprio pet, ma evitarne un’inutile agonia finale.
Il secondo caso, invece, è diametralmente opposto. Mentre nel primo caso l’accanimento terapeutico deriva dall’amore, in questo secondo caso l’invocazione dell’accanimento terapeutico deriva dalla mancata voglia di curare il pet, da pigrizia, dal non avere più voglia di dedicarsi al proprio pet: capisco che ci siano malattie non curabili, ma questo non vi giustifica a voler praticare l’eutanasia solo per un vostro tornaconto, per togliervi un fastidio di mezzo, diciamo le cose come stanno. Se con la terapia la qualità di vita del cane è accettabile, anche se fosse solo di qualche mese in più, allora non è accanimento terapeutico, si chiama curare. Anche perché se dovessimo invocare l’accanimento terapeutico per ogni malattia non curabile o non guaribile, ecco che dovremmo praticare l’eutanasia a metà della popolazione canina e felina. Siate onesti con voi stessi e fatevi un esame di coscienza prima di chiedere l’eutanasia per un presunto accanimento terapeutico che maschera invece solamente un vostro desiderio di togliervi un fastidio.
La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria. Ricordiamo che Petsblog non fornisce in nessun caso e per nessun motivo nomi e/o dosaggi di farmaci.
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