Bruno, il gatto a guardia di Auschwitz
Da circa sei mesi la vita sembra essere tornata nel campo di sterminio di Auschwitz. Questa volta, però, non si tratta di una vita rubata, di una vita da “se questo è un uomo”, perché questo è un gatto. Anzi, una gatta dal nome poco appropriato a una signorina: Bruno.Bruno ha preso posto all’ingresso del […]
Da circa sei mesi la vita sembra essere tornata nel campo di sterminio di Auschwitz. Questa volta, però, non si tratta di una vita rubata, di una vita da “se questo è un uomo”, perché questo è un gatto. Anzi, una gatta dal nome poco appropriato a una signorina: Bruno.
Bruno ha preso posto all’ingresso del campo, sotto la famigerata scritta “Il lavoro rende liberi”, recentemente rubata e ritrovata. Gli impiegati del museo annesso al campo hanno cercato di adottare la gattina, che non ne ha voluto sapere, rimanendo al gelo dell’inverno polacco. Un’associazione di animalisti ha chiesto alle autorità di poter costruire un rifugio per la nuova guardiana, ma sembra che abbia ricevuto un netto rifiuto.
Bruno si aggira nel campo, si fa avvicinare dai visitatori, ha l’aria tranquilla e un po’strafottente tipica dei gatti. Sta lì accucciata, e forse l’aura misteriosa dei gatti è giustificata, magari Bruno vede ciò che noi non vediamo, o sente ciò che noi non sentiamo più. Ad Auschwitz hanno trovato la morte Ebrei, omosessuali, zingari, testimoni di Geova, oppositori, insomma: persone. Un milione e mezzo di persone, sul cui riposo veglia una gattina bianca e grigia.
Via | Haaretz
Foto | Flickr