Io sono un gatto
Natsume Soseki racconta di un gatto e del suo modo di vedere il mondo
Quando avrete terminato di leggere il romanzo Io sono un gatto di Natsume Sōseki (pubblicato in Italia da Neri Pozza nel 2006 e ora da Beat) guarderete il mondo in maniera diversa. Il gatto protagonista del romanzo (non ha un nome perché non gli è stato dato) è anche il narratore e, attraverso il suo modo di raccontare quello che succede nella casa del suo padrone, apre squarci sui rapporti interpersonali e sul mondo umano che non avrete mai notato prima.
Vorrei avvisare i lettori che l’abitudine degli uomini di chiamarmi “il gatto” in tono che definirei spregiativo, come se fossi un’entità trascurabile, è davvero biasimevole […] A chi ci osservi dall’esterno noi gatti sembriamo tutti uguali, indifferenziati sia nella forma che nella sostanza, privi di una personalità individuale, ma chi entrasse nel nostro mondo constaterebbe che è molto complesso, che vi si può applicare alla lettera il detto umano “dieci individui, dieci caratteri”. Occhi, naso, pelo, zampe… siamo uno diverso dall’altro in tutto. Dalla piega dei baffi al modo di drizzare le orecchie o di muovere la coda, non ci sono due gatti simili. Uno è bello, l’altro è brutto, a uno piace una cosa, a un altro un’altra; c’è il gatto elegante e quello volgare, le variazioni sono infinite, lo si può affermare con certezza. Ciononostante gli esseri umani, i cui occhi sono voltati verso il cielo con il pretesto di elevare lo spirito, disgraziatamente non riescono a distinguerci l’uno dall’altro nemmeno nelle più evidenti caratteristiche, figuriamoci nel carattere.
Io sono un gatto è l’affermazione di un gatto abbandonato che si intrufola nella casa del professor Kushami e non viene accolto con entusiasmo. Ma lui, da gatto filosofo, sa prendere la vita come viene e, soprattutto, sa evidenziare tutte quelle stupidaggini che noi umani compiamo senza rendercene conto. Principalmente il gatto ascolta i discorsi umani e mette i puntini sulle i su questa o quella questione. Poi – ed è questa la cosa che mi ha colpito di più – l’anonimo gatto riesce a guardare il mondo con un certo distacco e a esprimere giudizi obiettivi su quello che lo circonda, anche su cose che lo riguardano direttamente (come quando, per esempio, ascolta i giudizi poco lusinghieri su di lui da parte di vicini).
Ecco un esempio di sguardo sulla realtà del narratore:
Vivendo con gli esseri umani, più li osservo più mi sento di poter affermare che sono degli egoisti. Mi riferisco soprattutto alle bambine [le figlie di Kushami, ndr] con le quali a volte dormo: sono inqualificabili. Quando gli salta il ticchio mi fanno stare a testa in giù, mi infilano il muso in una busta di carta, mi lanciano per aria, mi chiudono nel forno. In compenso, al minimo sgarro da parte mia, tutta la famiglia unisce le forza per darmi la caccia e infliggermi qualche castigo.
Il romanzo di Natsume Sōseki è senza dubbio interessanti, ma va notato che non è semplicissimo visto che si riferisce a una cultura e a un’epoca (l’originale giapponese è stato pubblicato nel 1905) molto lontane dalla nostra (in quest’ottica forse le note sarebbero state meglio a pie’ pagina invece che alla fine del libro). È, però, una lettura illuminante che mi sento di consigliare a tutti gli amanti dei gatti e degli animali in genere. Magari, quando lo leggere, non fatevi vedere dal vostro gatto, che potrebbe sorridere nello scoprire il vostro stupore…
Natsume Sōseki
Io sono un gatto
Beat edizioni, 2010
pp. 476, euro 9,00