Gattari da legare: Aggiungi tre posti a tavola
Come far mangiare contemporaneamente una dozzina di gatti e sopravvivere per raccontarlo
Tra le varie leggi della felinità cui mi sono dovuta abituare (esempio: se indosso dei pantaloni bianchi sarà il gatto nero a strusciarcisi), c’è quella della modalità del pasto della colonia. Normalmente, cerco di rimandare il più possibile il momento, in modo da dare il tempo a tutti i commensali di arrivare.
Quando oramai, dopo averli contati, sono certa che siano tutti presenti, procedo alla somministrazione del cibo. Mentre i gatti si precipitano sulle ciotole, qualcosa nel mio cervello mi dice di ricontarli: ne manca uno, non è possibile! Anzi, due! In quei cinque secondi, il cibo è sparito e i due assenti sono arrivati e reclamano la loro razione.
Tento, allora, di preparare una ciotola solo per gli ultimi arrivati, ma è impossibile tenere gli altri lontani. Mentre i due a digiuno mi guardano con un’espressione finalizzata a suscitare in me colpe che non ho, mantengo l’equilibrio su un piede mentre con l’altro, delicatamente, faccio una barriera per tenere lontani gli altri. Con sguardo assorto, faccio ondeggiare la gamba avanti e indietro per separare i due gruppi, con le mani occupate dai croccantini, pensando al da farsi. Questo mia aria assente, unita al movimento ripetuto della gamba, ha contribuito non poco alla diffidenza dei vicini nei miei riguardi. Magari avrà influito anche il fatto che inseguo i gatti ovunque quando è il giorno dell’antipulci, infilandomi anche sotto le auto, non so… Di sicuro, per chi passa, è strano vedere delle gambe che sbucano sotto un’auto: se poi queste gambe sono accoppiate a una voce minacciosa o suadente (dipende dalla personalità del gatto che cerco di stanare), il vicino comincia a pensare a quale sistema d’allarme installare in casa…
Dopo aver cercato per qualche manciata di secondi la soluzione per far mangiare in pace i gatti ancora a digiuno, opto sempre per quella che è l’unica cosa sensata da fare: faccio mangiare di nuovo tutti. Ed è a quel punto, di solito, che vedo un’ombra che si avvicina: no! Ne mancava ancora uno! E la gamba riprende a oscillare.
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