Gattari da legare: Sperimentazione su umani
Una cavia umana per esperimenti felini. L'unica sperimentazione che accettiamo.
Oggi è un bel giorno, perché green hill (il minuscolo è intenzionale: io quelle due parole le pronuncio addirittura, in minuscolo) ha chiuso i cancelli. Quando eravamo piccole, io e mia sorella pensavamo che non dovesse essere poi così terribile mettere il balsamo a un topolino per vedere se il pelo veniva morbido. Col tempo, però, abbiamo capito che la sperimentazione non consisteva nel mettere crema idratante sulle zampette delle cavie. Da allora abbiamo cercato di evitare cosmetici testati su animali, e la stessa cosa vale per il tabacco che fumo: nuoce solo alla mia, di salute.
Io sono contro la sperimentazione: so che è un tema dibattuto, e non mi riferisco solo alla cosmetica, ambito dal quale la sperimentazione su animali andrebbe esclusa senza ulteriori indugi. Mi riferisco anche ai medicinali. Esistono mille tesi differenti, ma ognuno sposa la tesi che è più congeniale al proprio sentire. Non sono una fondamentalista, cerco solo di evitare l’idea che l’uomo, essendo in cima alla catena alimentare, faccia ciò che vuole degli altri anelli.
Normalmente, infatti, accetto che i miei gatti sperimentino su di me i loro capricci: quanto tempo possiamo “impastare” con le zampette sulla gamba della signorina prima che urli (sono convinta che tra di loro mi chiamino “la signorina”)? Quanto posso miagolare davanti alla porta prima che questa si apra magicamente? Quanto resiste un umano con un peso sullo stomaco? Ma le caviglie dei bipedi, resistono ai graffi? Controlliamo? Scommetti che se le porto un sorcio morto mi ringrazia?
Io non so voi, ma personalmente nella scala gerarchica vengo dopo i felini. Ma sono fortunata. Sono fortunata perché se mi fanno male e urlo smettono subito di farmi male, e mi guardano spaventati. Se mi fanno male è perché stanno giocando, o perché io per prima ho fatto loro qualcosa. Inavvertitamente, certo, così come inavvertita è la loro reazione quando, ad esempio, pesto loro la coda e se la prendono col mio piede. Sono fortunata perché capiscono quando soffro e mi fanno le fusa per consolarmi. Sono fortunata perché non sono la sola umana a saper e a voler guardare gli animali negli occhi. E se qualcuno producesse del tabacco non sperimentato su animali con un sapore migliore di quello che fumo, sarei ancora più fortunata.
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