Sigmund Freud e la sua amata cagnolina Jofi
Sigmund Freud aveva un debole per la sua Jofi, cane di razza chow chow, che assisteva sempre alle sedute del padre della psicanalisi.
Le ragioni per cui si può voler bene a un animale come Jofi sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti, la bellezza di un’esistenza in sé compiuta.
Scriveva così Sigmund Freud (1856-1939) alla sua brillante allieva Marie Bonaparte. La Jofi a cui si riferisce è una femmina di Chow chow che visse con il padre della psicanalisi dal 1930 al 1937 e, a buon diritto, entra nel novero dei cani che hanno influenzato la storia.
Durante le sue sedute, Freud teneva accanto a sé Jofi che se ne stava accucciata accanto al celeberrimo lettino. Martin, il figlio di Freud, però una volta ebbe a dire:
Quando Jofi sbadigliava e si alzava era segna che l’era era passata a che la seduta era terminata.
Sigmund Freud era legatissimo alla sua Jofi e, quando la cagnolotta morì nel 1937, il vuoto che il padre della psicanalisi provò fu enorme, tanto da decidere di prendere un altro cane, sempre di razza Chow chow a cui diede nome Lun e che portò con sé in esilio quando, nel 1939, scappò dai nazisti.