Il gatto nero in una poesia di Rainer Maria Rilke
Rainer Maria Rilke (1875-1926) nella sua poesia “Il gatto nero”, scrive della splendida bellezza del gatto nero e della sua capacità di scomparire.
Il gatto nero è affascinante, per mille motivi: sia per lo splendore della livrea che per i mille rimandi culturali che porta con sé. Un gatto completamente nero diventa quasi invisibile di notte, se non fosse per i suoi occhi che brillano nel buio e lo rendono un miracolo della natura.
Su quest’invisibilità del gatto nero gioca Rainer Maria Rilke (1875-1926) nella sua poesia dal titolo, appunto, Il gatto nero. Il poeta sostiene che anche il più evanescente dei fantasmi è possibile veder, mentre un gatto nero è praticamente invisibile (e fa paura solo ai dementi..!). Il custode antico di ogni sguardo lo definisce Rilke: e come dargli torto?
Il gatto nero
Anche il fantasma evanescente è vero.
Se un giorno riesci a intravederlo suona.
Questo nero sipario copre invece
lo sguardo acuto delle tue pupille,
come cella ovattata che ad un tratto
spezza veloce e insieme dissolvente
il terribile grido di un demente.
Sembra il custode antico di ogni sguardo
che vuol celato in lui:
tutti li stringe a sé
per sonnecchiarvi sopra,
ostile e pigro
del tutto in sé racchiusi, il lungo giorno.
Ma se a un tratto si desta
e volge il muso in pieno
volto, e ti guarda fissamente
ritrovi allora il lampo del tuo sguardo
nelle tonde pupille – misterioso –
chiuso in quell’ambra come morto insetto.
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