La legge contro il maltrattamento degli animali
Si parla spesso di maltrattamento degli animali: guardiamo cosa dice la legge e come regolarsi di conseguenza.
Con la legge 189/04 Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamenti degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, maltrattare gli animali è diventato un reato in Italia.
Chi per crudeltà o senza necessità, arreca una lesiona a un animale o lo sottopone a sevizie o a comportamenti o ancora a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, rischia la reclusione da tre a diciotto mesi o la multa da cinquemila a trentamila euro. La pena è aumentata della metà se dai fatti deriva la morte dell’animale.
La legge 189/04 ha anche modificato l’articolo 727 del Codice Penale, che ora tratta separatamente dell’abbandono degli animali e della loro detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura.
La nuova normativa coinvolge diversi soggetti:
- Gli animali: secondo la legge l’animale è un essere vivente capace di soffrire e la norma è diretta verso la sua tutela specifica. La norma, inoltre, considera gli animali in sé: non vi sono quindi, in linea di principio, differenze tra animali d’affezione, domestici o selvatici. Pertanto chi compie un atto di crudeltà nei confronti di qualsiasi animale, o lo uccide per divertimento, compie un reato e può essere punito.
- Soggetto attivo: può essere chiunque, proprietario, detentore o terzo.
- Persona offesa: soggetto titolare del bene offeso dal reato (può essere il proprietario dell’animale, ove non sia soggetto attivo del reato). La persona offesa può partecipare attivamente alle indagini e costituirsi parte civile nell’eventuale processo instaurato contro l’autore del reato.
- Polizia Giudiziaria: soggetti addetti alla vigilanza sul rispetto della nuova normativa.
- Magistratura: Autorità competente per tali reati è la Magistratura, Inquirente (Procuratore della Repubblica), e successivamente Giudicante (Tribunale, Corte d’Appello, Corte di Cassazione).
Cosa si intende con sofferenza degli animali
Lorenza Secoli e Ciro Troiano, nel testo La legge 189/04. La nuova legge contro il maltrattamento degli animali. Aspetti pratici ed applicativi, sottolineano come l’articolo 727 del Codice Penale non sanziona solo chi detiene animali in modo tale da farli soffrire gravemente, ma chi li detiene con modalità capaci di offendere il loro benessere e la sensibilità umana. Notano gli autori:
Gli animali possono ancora oggi, come lo sono sempre stati, purtroppo, essere privati della libertà, ma esigono attenzione e rispetto. Fatta questa premessa, dall’indubbio carattere relativistico e storico e pertanto soggetta a una naturale e auspicabile evoluzione nel senso di una sempre maggiore sensibilità nei confronti degli animali, deve dedursi dalla complessiva formulazione del reato di cui all’art. 727 c.p. che perché una detenzione violi la norma richiamata è sufficiente che all’animale venga impedito lo svolgimento di moduli comportamentali comuni che determinano un oggettivo stato di sofferenza, tipo la libertà di deambulazione, il vivere in un ambiente sano ecc., o tipici della propria specie, come la possibilità di aprire le ali, di fare brevi svolazzi ecc.
Come comportarsi in caso di maltrattamenti di animali
Chi assiste al maltrattamento di un animale o ne ha notizia da fonte affidabile (che occorre citare) può esporre denuncia (orale o scritta) presso un qualsiasi organo di Polizia giudiziaria (Polizia, Carabinieri, Polizia Municipale, Corpo Forestale dello Stato e via dicendo) o presso la segreteria del Procuratore della Repubblica. La Polizia giudiziaria è obbligata a riceverla e a indagare sul reato per impedire che questo venga portato a ulteriori conseguenze.
Se accade di essere presenti mentre si commette un reato nei confronti di un animale non umano è necessario chiedere telefonicamente l’intervento di una Forza di polizia nazionale o locale (Polizia Municipale o Provinciale). La Forza di polizia contatta non può rifiutarsi di intervenire: se non interviene può incorrere nel rato di omissione di atti d’ufficio (articolo 328 del Codice penale).
Farsi giustizia da soli, ricorrendo alla violenza, non è una soluzione al problema.