Clamidiosi nel gatto: cause, sintomi e terapia dell’infezione da Chlamydia
Vediamo cause, sintomi, diagnosi e terapia dell'infezione da Chlamidya nel gatto.
Clamidiosi nel gatto – Prima di parlare dei sintomi della clamidiosi nel gatto, conosciamo meglio la Chlamidya. Si tratta di batteri intracellulari obbligati: ne esistono specie diverse a seconda dell’ospite, quello del gatto è Chlamydia felis, anche se non si esclude la possibilità di isolare a volte anche altri ceppi. Curiosamente la malattia nel gatto viene spesso indicata come polmonite del gatto, ma in realtà raramente la Chlamidya provoca polmonite nei felini. Andiamo dunque a vedere sintomi, diagnosi e terapia della clamidiosi nel gatto.
Clamidiosi nel gatto: cause e sintomi
L’infezione da Chlamiydia nel gatto provoca sempre problemi all’occhio, talvolta associati a segni di rinite con starnuti e scolo nasale. Difficilmente si isola il batterio nei gatti sani, anche se è comune trovare anticorpi. Di solito i gatti con la clamidiosi hanno meno di un anno di vita, anche se in generale i gatti giovani mostrano un maggior rischio di infezione. Gatti con più di cinque anni con congiuntivite difficilmente hanno la Chlamydia, idem per i gattini sotto le otto settimane di vita a causa degli anticorpi materni.
La trasmissione avviene per contatto diretto, la Chlamydia sopravvive poco nell’ambiente esterno. Si pensa anche ad una forma di trasmissione per via venerea, anche se non è stata ancora confermata.
Il periodo di incubazione varia dai 3 ai 10 giorni e come sintomi abbiamo:
- congiuntivite sierosa/mucopurulenta
- iperemia congiuntivale
- chemosi
- follicolite all’interno della terza palpebra
- cheratite rara (se c’è è indice di co-infezione con Herpesvirus)
- scolo nasale
- starnuti
Se il gatto ha rinite, ma non congiuntivite difficilmente avrà la Chlamydia. I sintomi sono più gravi dal nono al tredicesimo giorno dall’inizio, poi si mitigano per 2-3 settimane. I sintomi possono durare anche settimane nonostante la terapia e le recidive sono frequenti. I gatti non curati possono rimanere portatori per mesi dopo l’infezione.
Clamidiosi nel gatto: diagnosi e terapia
La diagnosi di certezza la si può avere solamente ricercando il DNA della Chlamydia tramite PCR da tamponi congiuntivali. Anche la citologia con la messa in evidenza dei classici corpi inclusi intracitoplasmatici può essere d’aiuto.
Anche se esistono dei vaccini, non vengono fatti di routine perché proteggono solo da C. felis e non altri ceppi. Inoltre non garantiscono protezione completa, ma contribuiscono a ridurre la gravità della malattia. La Chlamydia è sensibile alle tetracicline, ma occhio: la cura va fatta per almeno 4 settimane, altrimenti le recidive saranno all’ordine del giorno. Tutti i gatti conviventi devono essere trattati. Il trattamento topico è d’ausilio, ma non risolutivo.
Rarissimi casi di trasmissione all’uomo di C. felis sono stati descritti, ma si tratta di casi isolati e di persone con gravi forme di immunodepressione. Non è così facile prenderla altrimenti tutti i veterinari sarebbero costantemente malati.
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Foto | feverblue