Greenpeace: l’appello per dire basta ai fondi per gli allevamenti intensivi
Rimanere in casa non è il solo modo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Ecco cosa spiegano i membri di Greenpeace.
Ormai tutti noi sappiamo bene che per ridurre il rischio di contagio da coronavirus è necessario rimanere in casa, prestare attenzione alla distanza sociale e proteggersi utilizzando mascherine e guanti. Ma tutto ciò è davvero sufficiente per proteggere la popolazione mondiale e il Pianeta? Ovviamente la risposta è no. Nel nostro piccolo, seguire queste semplici regole salvavita è senza dubbio molto importante, oltre che utile, ma per ridurre il rischio di future pandemie è fondamentale che il mondo intero cambi rotta.
Nei giorni scorsi ho letto una frase molto significativa, che sottolinea sostanzialmente che non c’è normalità alla quale tornare, se proprio quella “normalità” ci ha portati al punto in cui ci troviamo oggi. La “normalità” deve cambiare, e per farlo è necessario l’impegno di tutti, dai singoli cittadini alle industrie, fino ai governi.
A spiegarlo sono anche i membri di Greenpeace, i quali chiedono all’Unione europea e ai governi nazionali di bloccare il sostegno all’allevamento intensivo, per destinare invece tali sostegno e risorse all’agricoltura su piccola scala.
Si stima che il 73% di tutte le malattie infettive emergenti provenga da animali, e che gli animali allevati trasmettano agli esseri umani un grande numero di virus. E’ probabile che gli allevamenti intensivi, in particolare di pollame e suini, possano far aumentare la trasmissione di malattie
spiegano i membri dell’associazione, i quali hanno chiesto anche il parere dell’esperta Ilaria Capua, direttrice della One Health Center of Excellence dell’Università della Florida. La dottoressa conferma che se vogliamo salvare il Pianeta, e scongiurare il rischio di dover presto fare i conti con una nuova epidemia, è importante “migliorare la salute dell’uomo e degli animali, insieme a quella delle piante e dell’ambiente“.
Anche se molte persone fingono di non comprenderlo, la salute umana è infatti collegata in modo molto stretto a quella degli animali e della natura. Gli allevamenti intensivi, ad esempio, sono responsabili della distruzione delle foreste:
I ricercatori stimano che il 31% delle epidemie di malattie emergenti siano legate al cambiamento nell’uso del suolo collegato all’invasione umana nelle foreste pluviali tropicali.
Se vogliamo proteggere la nostra salute, presente e futura, è necessario che il mondo cambi, e dobbiamo cambiare prima di tutto il nostro modo di trattare la natura e gli animali. Non possiamo che sperare che questo messaggio venga compreso al più presto!
via | IlSole24ore
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